Questa è una storia di amore e musica.
Mi contatta Sua Santità Grazioli chiedendo: “
roba tua questa?” e mi segnala il nuovo album dei
Leaves’ Eyes. Io gli rispondo onesto: “
Eh si anche se i Leaves’ Eyes li considero un po’ di seconda fascia (non mi hanno mai convinto pienamente) ecc. ecc.”
E ora mi ritrovo qui a scrivervi qualcosa di “
The Last Viking”, un album che adoro dal primo ascolto e che ho già sentito qualche decina di volta, a rotazione continua, col volume a palla!
C’è da dire prima di tutto che sono fortissime le influenze di musica celtica all’interno di questo lavoro, e sono talmente tante è talmente presenti a tutti i livelli che probabilmente metterne un pochino meno sarebbe venuta una pecionata posticcia e invece ce ne hanno messo proprio a palate. E la sonorità generale ci guadagna tanto, ma proprio tanto tanto.
A iniziare dal primo brano, “
Death of a King”, che è uno dei due brani - diciamo così - più di atmosfera in questo quasi concept album. Poi si parte giù a valanga con un paio di brani, “
Chain of the Golden Horn” e “
War of Kings”, piccola pausa semiballad con “
Black Butterfly”, ed ecco che arriviamo al primo pezzo paraculo: “
Serpents and Dragons” che è quel brano là che t’aggancia subito per struttura, riff, soli... diciamo la prima bomba atomica dell’album. Segue “
Dark Love Empress” che uno di quei pezzoni scritto per metà dai
Nightwish che furono e l’altra metà dai primi
Within Temptation. Secondo ed ultimo pezzo d’atmosfera, “
Two Kings One Realm” che si attacca bello bello bello a “
For Victory” l’altro pezzo veramente paraculo: qui si gioca con l’effetto stereofonico dei canali destro e sinistro come non si fa quasi più, ci stanno quei riff giusti che fomentano, ritmicamente è tirato come una macchina da guerra, in pratica uno di quei brani che live rischia di far venire giù il palco.
Continuiamo ancora in discesa con altri pezzi veramente belli vino ad arrivare alla title track dell’album, un mastodontico pezzo di otto minuti che dalle sonorità sembra uscito fuori dai primi
Moonspell.
Non c’è dubbio che il cambio alla voce ha dato nuova vita e una linea completamente nuova a tutto il gruppo (e questo era inevitabile ovviamente), ma salvando quel che di buono c’era stato nella storia di questo gruppo arriviamo oggi ad una maturazione più sonora che artistica, ad una conferma che con questo album i Leaves’ Eyes si possono affacciare da headliner al pari di tanti gruppi storici che hanno inventato e reinventato il gente. E io ve lo dico…
Elina Siirala rischia seriamente di diventare l’erede di
Tarja.
“The Last Viking” è un album che amo, imperdibile, una delle cose migliori che sentirete quest’anno!
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