Puntuale come le tasse, arriva il nuovo disco di Zack Stevens e i suoi Circle II Circle, il terzo della band, ad allietare le casse dei vostri stereo. “Burden of truth” è un concept album (ma va? E chi se l’aspettava…) ispirato alle vicende del Codice Da Vinci (la discendenza di Gesù e Maria Maddalena, e compagnia bella), con tutta una serie di indicazioni segrete nascoste tra l’artwork e i testi delle canzoni, per arrivare a svelare il segreto che si cela dietro codesto dischetto. Così almeno recitano le note in quarta di copertina fornite dalla AFM, che cerca di pompare un disco di onesto power muscoloso, firmato e controfirmato dalla voce potente e ormai riconoscibilissima del signor Stevens. Undici canzoni, suonate ed incastonate a formare un tutto unico, in un platter che non ha di certo la pretesa dell’originalità; i territori di caccia sono puramente power, con frequentissime spruzzate di Savatage (vedi il duo di coda “Burden of Truth”-“Live as One”), infarcite qua e là di accelerazioni di doppia cassa e bei riffs energici e dopati, come nella potente “Revelations”, forse la miglior song del lotto. La sensazione, però, è di una certa “staticità stilistica”: le songs si inseguono senza soluzione di continuità, immerse in un mood pressoché costante per tutta la durata del cd, evitando eccessivi sbalzi d’umore. Citerei “The Black”, per l’ottima prova dei 5 bravi musicisti, che costruiscono sapientemente architetture heavy/power su un brano che, come il resto del disco, NON ha nulla di prog, come invece la brava AFM Records tenta di insinuare. Di certo una conferma per i tanti fans dei Circe II Circe, che al grido di “squadra che vince non si cambia” tirano fuori dal cilindro un album onesto, ben suonato e giustamente farcito di tutti i cliché vendi-dischi del momento, vedi concept album sul Santo Graal et similia. Una strizzatina d’occhio ai fans dei Savatage c’è eccome; di certo recuperare quella grande base di appassionati della band dei fratelli Oliva sarebbe un colpaccio per la vecchia volpe Zak, che d’altronde al momento sembra essere l’unico pretendente, vista la morte apparente della band madre, come della Trans Siberian Orchestra, e visti gli ultimi mezzi passi falsi di Chris Caffery. In sostanza, amici miei, un disco onesto, vigoroso e ben costruito. Ma, vi prego, non gridate al miracolo; qui c’è mestiere, e classe, di certo, ma “Dead Winter Dead” è distante eoni.
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