Gli americani originari del Texas tornano sul luogo del delitto e debuttano con questa ristampa del secondo album per la neonata divisione della blasonata
Hammerheart Records.
Bisogna dire invero che la band musicalmente ha spostato le coordinate musicali in un altro continente e soprattutto più a nord.
Qui abbiamo degli innamorati delle sonorità generate nelle fredde lande svedesi di inizio anni 90 da band come
Entombed, Dismember, Grotesque ecc.
L’intro “
Beyond the gates” fatta da riff dissonanti e tocchi di piatti e batteria apre a “
Grave of pestilence”.
Brano che sembra pescare direttamente dal songwriting della band di
Lars Goran Petrov.
Chitarrone a zanzarina, blast beats che cambiano in un up tempo spaccacollo e ci vorrebbe un vocione catramoso che qui però manca; i tempi si fanno anche rallentati con un tiro discreto.
“
Warbreeder”, è serrata con buone parti di batteria che alterna colpi decisi di doppia cassa ad accelerazioni.
I riffing malsani sono un must per questa compagine, che alterna up tempo a tempi più tellurici con rullate percussive in un groviglio di distorsioni.
“
Final prayer”, viene aperta di un arpeggio malsano e un cantato femminile.
Il tutto poi viene violentemente invaso da blast beats e chitarre in modalità “saw guitars” con il growl e il cantato pulito che vengono sovrastati salvo poi ritornare sulle note iniziali con un dualismo calma e tempesta.
“
Ritual skin” dopo una rullata iniziale prosegue la marcia diretta senza fronzoli.
Il growl è un pochino basso rispetto ai livelli standard del genere, anche se la band sa difendersi bene a livello tecnico con cambi e sezioni lente e serrate.
Ritorno discografico più che discreto, si vede che i nostri amano il genere ma avrei voluto un pochino di personalità in più.
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