È interessante notare come il sottobosco del black metal europeo abbia partorito nel medesimo anno, due dischi di due band il cui monicker - quasi una dedica all'anno che stiamo attraversando - non significa altro che
disgusto. Al di là di questa pur ironica coincidenza va detto che i due album a cui ci riferiamo si sono rivelati una colonna sonora davvero suggestiva in questi mesi in cui le nostre città sono spesso state caratterizzate da un'atmosfera al limite del surreale. Delle due band in questione abbiamo già incontrato in sede di recensione i danesi
Afsky, una one-man band che si è resa autrice di quell'
"Ofte jeg drømmer mig død" che a parer mio si situa senz'altro fra i tre o quattro dischi migliori del 2020 in ambito black metal. La seconda band è quella di cui ci vogliamo occupare in questa occasione: si tratta dei polacchi
Odraza, giunti con
"Rzeczom" al loro secondo full-length. Per poter dire qualcosa di sensato su questo disco penso che la cosa migliore sia partire dal constatare l'impossibilità di indicare, tra le altre band del panorama europeo (ma non solo), dei riferimenti precisi che ci permettano di circoscrivere il sound proposto dai nostri. Certo, gli Mgla sono per certi versi la band che più può sembrare accostabile agli Odraza se consideriamo certe caratteristiche della proposta di quest'ultimi ma sarebbe semplicemente superficiale e fuorviante pensare di ridurre il contenuto di un disco come
"Rzeczom" ad uno dei tanti dischi di black metal polacco sulla scia dello stile del progetto di M. e socio. Qui la molteplicità di riferimenti è infatti talmente fitta da fare in modo che nominarne uno preciso risulti necessariamente vago e dalla scarsa presa: gli Odraza non sono sicuramente degli apprendisti del mestiere e, anzi, dimostrano di padroneggiare la materia piegandola e portandola ad espressioni assolutamente personali e riconoscibili. Da quest'album cola densa, scura e abbondante la linfa immessa da chi conosce in profondità ciò che chiamiamo black metal; a ciò si aggiunge la personalità degli artisti coinvolti, la loro capacità di inserire elementi talvolta estranei al black metal - che potrebbero a primo ascolto risultare quasi bizzarri - senza perdere un'oncia della causticità che li caratterizza e, soprattutto, dando sempre la sensazione di muoversi verso una direzione precisa. Potrei dilungarmi molto ad elencare le qualità formali dell'opera, la freschezza del songwriting, la varietà di soluzioni tecniche ed armoniche utilizzate ma credo valga di più la pena concentrarmi sul lato più istintivo della faccenda e consigliarvi di ascoltare a ripetizione questo disco perchè nella vorticosa e cangiante narrazione proposta nei quasi 54 minuti del platter avrete la possibilità di fare un viaggio nel disagio, nello sconforto, che nel racconto degli Odraza è sempre pronto a trasformarsi in disprezzo universale e devastazione, con impressionanti tempeste di blast beat a rimarcare il concetto. La qualità e la varietà del rifferama fa il resto regalandoci un'ora scarsa in cui la solitudine e la fragilità che caratterizza la nostra condizione si trasforma in prepotente arma d'attacco attraverso la forza stessa della negatività. Si tratta di un lavoro multisfaccettato che ha tutto il potenziale per tenervi incollati ascolto dopo ascolto: se inizialmente apprezzerete l'entusiasmo con cui certe sfuriate vi spazzeranno via, con gli ascolti successivi apprezzerete la varietà del disco, la brillantezza delle composizioni, la performance della batteria... insomma, il mare di dettagli che fanno di un disco apparentemente abbastanza diretto un prodotto davvero maturo e personale, capace di coniugare l'irruenza e la spontaneità delle sezioni più violente e tirate con una capacità davvero sopra la media di costruire i brani bilanciando tutte le componenti in un unico flusso emotivo in cui risentimento e desolazione esplodono in uno strano ma contagioso mix di entusiasmo e negativa volontà di distruzione.
Compratelo e godetevelo passeggiando nelle città deserte.
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