Secondo album per questa band svizzera (Basilea) che aveva mosso i suoi primi passi nell'ambito dello stoner-rock più classico. Adesso la direzione stilistica è decisamente mutata, come possiamo facilmente verificare fin dalle prime note di questo "
Iron lung". Noise rock, heavy punk, post-core, riff urgenti e bellicosi, ritmiche battenti e vocals sputate nel microfono, gli
Heavy Harvest irrompono con la delicatezza di un calcio nei testicoli.
Con ferocia metallica e pesante energia adrenalinica, macinano dodici brani che non ammettono compromessi: prendere o lasciare. Sembrano ispirati da un nichilismo sonico alla Unsane, Zeke, Zen Guerrilla, con fortissima attitudine noise/punk e tiro primitivo ed urticante. Mezz'ora di rabbia e frenesia metropolitana, di urla militanti e chitarre lancinanti, senza grandi variazioni sul tema. E questo è forse il limite attuale degli elvetici, alle prese con una personalità ancora in divenire ma forniti di sufficiente furia iconoclasta per risultare degni di attenzione.
Brani brevi, secchi, sferzanti, rabbiosi, come "
Nosebleed" o la motorheadiana "Needles", ma anche rallentamenti putridi alla Eyehategod con più attitudine post-doom, vedi la magmatica e sfibrante "
Body hammer" o la potente e sinistra "
Skeleton".
Il risultato finale è discreto, ottimo sotto il profilo dell'impatto e della convinzione ma ancora migliorabile in quello della originalità del songwriting. Una band da seguire per il futuro, se vi piace il sound arrabbiato, tetro ed essenziale.
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