I finlandesi
Ultimatium arrivano, in questo travagliato 2020, al loro quarto full length, e questa volta ci regalano un
concept sci-fi legato al mondo dei video gamers e ai pericoli di rimanere 'intrappolati' nel webbe. Per l'occasione, la band sfoggia ben 5 cantanti, in modo da interpretare i vari personaggi della storia; e così, accanto all'inossidabile
Tomi Viiltola e al drummer
Matti Auerkallio, troviamo altri tre singers, tra cui la brava
Emily Leone, a dividersi i ruoli.
Il risultato? Bah. "
Virtuality" ha il tristo primato di essere noioso, presentando composizioni piatte da un punto di vista emotivo, che cercano qualcosa in fase di arrangiamento (i blast beats in "
Vengeance", qualche accenno di growl in "
Remorse", giusto per fare un esempio) ma che, al netto della bravura dei singoli strumentisti, troppo spesso lascia interdetti per come le varie parti di una song sembrino incollate l'una all'altra con poca cura, direi frettolosamente, se non sapessi che invece questo lavoro ha richiesto tempo.
Non mi si fraintenda: l'album è ben prodotto e ha i suoi bei momenti, in questa sorta di power spaziale alla Ayreon ma coi muscoli (prog poco, diciamo la verità), ma a partire dalla qualità delle performances vocali (la voce di Tomi è inutilmente alta, alla continua ricerca dell'acuto definitivo, con quel timbro a metà strada tra Bruce Dickinson, Geoff Tate e la voglia di essere un'unghia di uno dei due) la resa finale convince proprio poco, faticando ad invogliarti ad un secondo ascolto. Ho fatto fatica ad ascoltarlo per la prima volta tutto di fila, e ancor di più per i successivi ascolti; album troppo poco interessante per sfondare, nonostante l'evidente sforzo che i bravi
Ultimatium hanno profuso nella creazione di questo "
Virtuality".
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