Copertina 7,5

Info

Genere:Black Metal
Anno di uscita:2020
Durata:46 min.
Etichetta:Debemur Morti

Tracklist

  1. SOMNILOQUY
  2. PNIGALION
  3. SUCCUBARE
  4. EPHIALTES
  5. INCUBATIO

Line up

  • Naas Alcameth: Vocals, Guitars, Bass, Keyboards, Ambience
  • Eoghan: Drums

Voto medio utenti

Adoro Naas Alcameth. Personalmente lo ritengo il miglior artista black metal mai apparso negli Stati Uniti. Progetti come Bestia Arcana, Nightbringer e Aoratos si segnalano tra i più interessanti ed elaborati nell'intera scena black metal, non solo nel Nord America. Akhlys è a mio parere il monicker sotto il quale il Nostro è riuscito più che in qualunque altro progetto parallelo a dar corpo a qualcosa di veramente clamoroso: nel 2015 esce infatti quel "The Dreaming I" che, unendo una classe sopraffina ad un'ispirazione assolutamente fuori da ogni grazia di dio (è proprio il caso di dirlo...), è riuscito ad imporsi al vertice della mia personale classifica di gradimento concernente i dischi black metal usciti negli ultimi 5 anni. Ho a lungo atteso che il vortice di oscurità di Naas Alcameth tornasse ad abbattersi sui miei timpani senza alcuna pietà ma il riserbo sulle uscite di Akhlys è stato mantenuto per cinque lunghi anni, fino a quando pochi mesi fa, in modo completamente inaspettato - ma gradito - la Debemur Morti annuncia l'uscita dell'atteso nuovo full-length. Ed è subito Fomento.
Parto subito col dire che, come avrete già capito spiando il numero qui a lato, la nuova fatica dell'artista statunitense non riesce ad eguagliare il livello qualitativo del predecessore. Niente di clamoroso, c'era da aspettarselo: la magia non può essere ripetuta. L'errore più grave - quello invece, sì, clamoroso - sarebbe quello di sottovalutare la potenza del nuovo "Melinoë" per la smania di paragonarlo all'ingombrante predecessore: non mi stupirei se il disco venisse abbondantemente apprezzato, come del resto merita, da chi è digiuno dell'ascolto del capitolo precedente piuttosto che da chi si è macinato "The Dreaming I". Da parte mia devo dire che sto continuando a sentire a ripetizione la nuova uscita apprezzandola con grande soddisfazione, in attesa che la versione fisica - in uscita il 14 dicembre - mi venga recapitata a casa. Melinoë non si discosta dalle coordinate stilistiche del suo predecessore: ci troviamo di fronte ad un black metal feroce e frenetico, dal quale non trapela il minimo spiraglio di luce. A regnare è il buio pesto. I riff sono semplicemente l'espressione più convincente possibile del maligno, in grado come sono di generare quella frenesia, quel mood ansiogeno, che già caratterizzava "The Dreaming I". Le melodie che caratterizzano le parti di chitarra sono inconfondibili: nonostante la violenza cieca che domina in modo praticamente unilaterale tutti i 46 minuti del platter, la grandezza di Naas Alcameth emerge nella sua capacità di calamitare l'ascoltatore grazie ad un gusto melodico che in combinazione all'efferatezza ritmica del disco riesce a stabilire un equilibrio sorprendente e avvincente tra le varie componenti.
Le trame del disco sono tutte ben lavorate, anche - va detto - grazie al mestiere acquisito dal Nostro, che sa perfettamente come costruire i brani in modo tale da prevedere l'arrivo di un apice drammatico che garantisca la presa della composizione sull'ascoltatore. Mestiere, certo, ma non per forza nel senso deteriore del termine: l'ispirazione non manca e le sezioni da questo punto di vista più "succose" sono sempre ben esaltate dalla sapiente costruzione dei pezzi, garantendo così un bilanciamento davvero funzionale tra le sezioni tirate (quelle più frequenti) e quelle più riflessive (meno frequenti ma comunque determinanti).
A suggellare un ottimo disco si aggiunge un uso di parti ambient veramente ben congegnato, sì da non percepire alcuno "scalino" tra le demoniache esplosioni in tremolo + blast beat e quelle maggiormente rumoristiche ed ambientali. In ciò, fondamentale si rivela il ruolo della prova vocale: le tre persone sulla faccia della terra che hanno letto la mia pedante ma appassionata recensione del lavoro precedente sanno quanto io adori la voce acuta e malefica di Naas Alcameth che vi giuro potreste riconoscere tra mille imitatori. Essa funge effettivamente da ponte proprio nella misura in cui accompagna sia le sezioni "suonate" che quelle ambient, sovrapponendosi a quest'ultime per enfatizzarne l'aspetto rituale tramite oscure litanie e sibili davvero agghiaccianti. È un caso, quello di Akhlys, nel quale la voce non è un complemento, un abbellimento, ma svolge una funzione effettivamente strutturale nel garantire una certa coerenza umorale e atmosferica ad un disco che si basa proprio sulla capacità di evocare i peggiori incubi immaginabili.
In chiusura direi semplicemente che, probabilmente, nell'ottimo "Melinoë" non troverete le eclatanti trovate di songwriting che sono presenti nell'inarrivabile "The Dreaming I", ma se vorrete dargli il tempo e l'occasione di entrarvi dentro, questo disco lo farà, e ascolto dopo ascolto saprà ripagarvi sempre di più con qualche piccolo ma gustoso dettaglio in più. Ciò che ci viene offerto quest'anno dall'artista americano, certamente, non modifica quanto proposto finora da Akhlys ma è ben più che sufficiente, non solo per ribadire il concetto, ma anche per regalarvi tre quarti d'ora di pura classe e devastazione.
Un ascolto che più che consigliato è dovuto.
Recensione a cura di Giacomo Babuin

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Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 24 dic 2020 alle 10:44

Assolutamente d'accordo con il tuo giudizio. Ho avuto l'impressione che il precedente fosse "più accessibile" nel senso melodico dei pezzi, questo é un po' più violento e monolitico, anche se come hai ben detto raggiunge degli "apici drammatici" di raro spessore e intensità. Davvero buono

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