Il nome
James Robert Forrester, noto artisticamente come
"Reverend" Jim Forrester, probabilmente sarà ignoto a molti, ma il bassista di Sykesville (Maryland) è stato uno più attivi protagonisti del movimento underground southern-doom-stoner statunitense dalla metà degli anni '90 fino al 2017, anno della sua tragica morte. Prima con i Sixty Watt Shaman, band che porto sempre nel cuore, poi con i Foghound e questi
Serpents of Secrecy, il musicista ha fornito un contributo notevole allo sviluppo di uno stile sonoro particolare ed immediatamente riconoscibile. Personaggio assolutamente fuori dalle righe: calvo ma con l'inseparabile bandana, barba chilometrica, tatuaggi e piercing in ogni millimetro del corpo, gravi problemi di salute dovuti anche ad un turbolento passato di droga ed alcol, chi lo ha conosciuto personalmente lo descrive come un uomo molto gentile e disponibile nella vita privata ma anche in possesso di un lato oscuro ed autodistruttivo, che aveva imparato nel tempo ad esprimere soprattutto all'interno della propria musica.
Il suo assassinio, avvenuto il 18 dicembre 2017 di fronte allo studio di tatuaggi di Baltimora che era la sua attività lavorativa primaria, è stato non solo una tragedia umana ma ha anche lasciato un vuoto significativo in questo ambito musicale.
I
Serpents of Secrecy, da lui fondati insieme all'amico di vecchia data Chuck Dukehart III (compagni fin dai tempi dei Sixty Watt Shaman), che stavano preparando l'esordio discografico, sono rimasti praticamente paralizzati per tre anni, indecisi se sciogliere definitivamente il gruppo o realizzare ugualmente il lavoro, una sorta di memoria postuma dedicata all'amico scomparso. Alla fine ha prevalso la seconda opzione, così adesso esce questo "
Ave vindicta" nel quale le parti di basso sono totalmente accreditate al compianto
Forrester.
Heavy-southern-stoner, rugginoso ed intenso, nello stile delle bands citate oppure di Down, Dirty Rigs, Clutch, Red Giant, Molasses Barge, con l'inconfondibile tensione torva, la muscolarità satura, l'attitudine alcolica ed hipster, l'approccio melodico sempre un pò drammatico e sofferto.
La voce di
Mark Lorenzo (Zekiah, Crawler) è ruvida e profonda, le chitarre di
Todd Ingram (Pimmit Hills, ex-King Giant) e
Steve Fisher (Borracho) macinano riff ed assoli rovinosi, mentre la ritmica assume quella posizione torbida ed ipnotica che regala consistenza e fascino a questo stile di nicchia. La title-track e "
Broke the key" sono esempi enciclopedici di rock paludoso, magnetico, pesante e cupo, con un rilevante taglio metallico alla Pantera e rallentamenti doomy che le rendono davvero irresistibili. Le lunghe "
The cheat" e "
Time crushes all" gravitano intorno al basso rombante del Reverendo e mostrano lo sviluppo delle aggro-ballad sudiste, con partenza lenta e nostalgica che porta ad una esplosività heavy-rock senza tempo, con gli assoli che si librano limpidi ed il refrein ripetuto a martello. Rock/metal in salsa confederata e bluesy, ma in ottica moderna ed appesantita con le soluzioni da nuovo millennio.
Più stonerizzati episodi come "
Heel turn", "
Warbird's song" e l'ispida e vagamente seventies "
Dealer's choice", dove il groove sanguigno sembra quello dei Clutch più aggressivi o dei già citati Sixty Watt Shaman, con la potente ed aspra voce di
Lorenzo che aggiuge un tocco di machismo al tutto. Troviamo anche una classica ballata slow notturna, "
Orphan's dream", buona nell'atmosfera uggiosa e triste ma tutto sommato abbastanza di routine.
Il lavoro dei
Serpents of Secrecy si pone chiaramente nella scia delle opere precedenti di
Forrester e soci. Lo stile è consolidato, il songwriting è più che buono, l'attitudine indiscutibile. In aggiunta trasmette una vibrazione di malinconia e rassegnazione per la scomparsa di un'artista di grande spessore umano e professionale. Dubito che questa band proseguirà nel proprio cammino, visti i tanti impegni musicali dei suoi componenti e l'assenza di uno dei punti di riferimento fondamentali, perciò il disco possiede anche una valenza di testimonianza della fine di un florido ciclo creativo.
Rest in Peace, Reverend Jim.