Alfonso Corace sa fare tutto.
Scommetto che, al di la' della musica, sa pure sverniciare gli infissi e riportarli a nuova vita, spurgare i freni idraulici Shimano o cambiare il pulsante catis del WC.
Perchè, al di la' dell'indubbia abnegazione e del duro lavoro in cui si profonde, ci sono persone che vengono al mondo con un'abilità innata di adattarsi e plasmarsi a perfezione con l'universo con cui vengono a contatto.
L'ho "conosciuto" musicalmente dietro le pelli dei
Vidharr prima e dei
Lunarsea dopo, ai tempi di "
Hundred Light Years" del 2013, e poi si va dagli estremi e bizzarri
Airlines of Terror fino ai recenti e classicissimi Screamachine, con tutto quello che c'è in mezzo. Che sia una batteria, un basso, una chitarra o una tastiera non fa assolutamente differenza, tutto come se cambiare uno strumento fosse la cosa più naturale del mondo. Probabilmente ha anche una voce tipo
Freddie Mercury, solo che io non lo so.
Se entriamo nel mondo di Alfonso, appunto il "
Fo's Room" dobbiamo essere pronti ad altrettanto eclettismo e viva elasticità, perchè è ovvio che nel suo progetto solista il nostro dia libero sfogo a tutta la propria creatività, abbattendo quei confini che magari possono essere tracciati nel momento in cui presta i propri servigi alle diverse realtà citate in precedenza.
Di fondo siamo di fronte ad una proposta malinconica e novembrina, ed uso questo aggettivo sia per la presenza di
Giuseppe Orlando, presente alla voce in un paio di brani e proprietario dei celebri
Outer Sound Studios dove è stata registrata la batteria, sia per un vago richiamo alle atmosfere ed al mood richiamato dai dieci brani che compongono "Fo's Room", sebbene qui in chiave più elettronica e sperimentale.
In realtà i brani presi nella loro intima costruzione, tutti basati su mid-tempos adornati da belle trame chitarristiche ed atmosfere caliginose, non sarebbero poi nemmeno così estremamente azzardati o moderni quanto il continuo uso del vocoder potrebbe lasciar supporre; sono certo che una volta riarrangiati ed ascoltati con una linea vocale cantata "normalmente" non farebbero fare una piega al più conservatore degli ascoltatori di metà carriera dei
Paradise Lost o a chi si nutre di un progressive metal di scuola nordeuropea e, ma questo è un giudizio strettamente personale, ne gioverebbero non poco.
Non è mistero che io detesti il vocoder da quando i
Cynic distrussero i miei sogni di giovane death metallaro con quel "
Focus" che, mentre veniva acclamato dal mondo, annientò i miei sogni di ascoltare uno dei dischi di death metal tecnico più geniali e violenti di sempre, rimanendo ahimè confinati nei demo precontrattuali Roadrunner e quindi in tutta sincerità ho trovato più di una difficoltà nel calarmi appieno in questo mondo di Alfonso, rischiarandomi a contatto con la voce di
Elisabetta Marchetti degli
Inno, partecipe nel brano "
Healing" o semplicemente quando era la musica a parlare, non riuscendo a far mio questo elemento di rottura tramite il quale si voleva comunicare e trovandomi molto più a mio agio nelle accelerazioni prettamente metal, quasi thrashy, di "
Isolation" o nelle contaminazioni "spaziali" di "
Control" tra visioni
Voivodiane di un glorioso passato.
Tantissimi spunti, idee brillanti, stimolanti, arricchenti. Musica che fa bene alla mente.
Alfonso Alfonso, "ogni cosa sai far tu".
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