Copertina 8,5

Info

Anno di uscita:2020
Durata:64 min.
Etichetta:Lions Pride Music

Tracklist

  1. ROCK THE HIGHWAY
  2. EVERYNIGHT LIKE TONIGHT
  3. ROCK 'N' ROLL IS HERE TO STAY
  4. THE DISTANCE BETWEEN
  5. THE SIKKIMESE DREAM
  6. BAD SHEPHERD
  7. SHE'S HEAVY METAL
  8. THE REBEL
  9. TRAPPED INSIDE A MIRROR
  10. WOUNDED
  11. TEARS OF THE PHOENIX
  12. IDENTITY CRISIS
  13. WALKING THE LINE (BONUS TRACK)

Line up

  • Girish Pradhan: vocals
  • Suraz Sun: guitar
  • Yogesh Pradhan: bass
  • Nagen Nags: drums
  • Krishh Datta: guest on keyboards
  • Rowan Robertson: guitar on “The Rebel”

Voto medio utenti

Recupero la recensione di questo “Rock the highway”, già uscito da un po’, per tre motivazioni fondamentali:

1. Perché è un gran disco.
2. È sorprendente.
3. È quello che ho probabilmente ascoltato di più in questo infausto 2020.

Partendo a ritroso dalla terza considerazione, diciamo che forse non è l’incisione migliore dell’anno, non è particolarmente innovativa e tuttavia, anche nel ricco assortimento degli album “rigorosi”, spicca per un livello di coinvolgimento emotivo talmente istantaneo e prepotente da farlo preferire a molti dei suoi contendenti formalmente anche più “attrezzati” di lui nell’istigazione all’ascolto reiterato.
E arriviamo all’effetto “sorpresa”, impossibile da evitare, anche nei nostri tempi “globalizzati”, quando si scopre che gli autori dell’opera, denominazione collettiva Girish and The Chronicles, sono indiani e sebbene siano piuttosto noti in patria, per il resto del mondo rappresentano sostanzialmente una “scoperta” targata Lions Pride Music.
Lo stile musicale proposto è un hard-rock melodico, massiccio e sfrontato (chiamatelo pure hair-metal, se preferite …) e a stupire ancor di più è l’energia e la vitalità con cui i nostri trattano la “materia”, assorbendo con innata disinvoltura evidenti rifrazioni della storia del genere e restituendocele con quella disarmante naturalezza e veemente intensità spesso smarrita da molti dei loro colleghi statunitensi appartenenti alla medesima generazione, mettendo in difficoltà anche gli analoghi campioni nordeuropei del settore.
A basilare supporto di tutto ciò, arriva poi una tecnica esecutiva di notevole livello, pilotata dalla duttile animosità vocale di Girish Pradhan e dalle chitarre acuminate di Suraz Sun (qualcosa tra George Lynch e Akira Takasaki), mentre il basso pulsante e fantasioso di Yogesh Pradhan e i tamburi fragorosi di Nagen Nags sostengono un songwriting pieno di splendidi ed efficacissimi cliché.
Ogni fan dell’hard n’ heavy americano non potrà proprio restare indifferente di fronte a un tessuto melodico così euforizzante, il cui “segreto” è l’essere istintivo e autentico, in mezzo ai tanti “freddi” falsari che infestano la “scena”.
Insomma, la mia convinzione (vagamente “romantica”, lo ammetto …) che in ambiti espressivi così codificati la differenza la facciano il “cuore” e la “pancia” sembra trovare conferma nei solchi di un albo privo di pause, che esordisce con una title-track intrisa delle peculiarità dell’inno dirompente e prosegue con una “Everynight like tonight” che elargisce dosi copiose di testosterone e grinta.
Che dire di “Rock 'n' roll Is here to stay”, una dichiarazione d’intenti fin dal titolo? Semplicemente che è uno dei brani che vi troverete a cantare a squarciagola fin dal primo contatto, apprezzandone subito dopo le sfumature armoniche tutt’altro che banali, sviluppate in territori fortemente “familiari”.
La power balladThe distance between” dimostra la competenza dei nostri anche in questo imprescindibile “fondamentale” e a chi era pronto ad attaccarli per la loro scarsa creatività consiglio l’ascolto di “The sikkimese dream”, con le sue volubili coreografie sonore (non lontane da certe cose dei Winger) e il fascinoso tocco esotico.
Bad shepherd” irrompe con tutta la ruvida essenza del “metallo di strada” e sulla stessa linea si collocano “She's heavy metal” e “The rebel” (featuring Rowan Robertson), che accentuano ulteriormente la quota a impatto frontale del programma.
Le emozioni forti continuano con il poderoso psych-hard-bluesTrapped inside a mirror”, capace di sconfinare in terreni grunge, e se “Wounded” riprende a sollecitare la parte sentimentale dell’animo rockofilo, “Tears of the Phoenix” ha i mezzi per far provare un brividino speciale agli estimatori dei Mr. Big.
Identity crisis”, sinuosa e scalciante, e l’ardore acustico della bonus-trackWalking the line”, sono gli ultimi due mattoni di un muro sonoro potente e ammaliante, edificato da un gruppo che sarebbe un errore madornale considerare alla stregua di una “stravaganza” geografica nel mare magnum del rock n’roll internazionale.
Come affermato all’inizio della disamina, “Rock the highway” è un grande disco, che non si può proprio fare a meno di consumare.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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