Gli
Alien decidono di suonare più
heavy? Nessun problema insormontabile … dopo aver scacciato dalla memoria sensazioni pregresse, non senza una certa difficoltà (considero il loro debutto uno degli
all-time classics dell’
AOR scandinavo, ma anche volendo limitarsi al precedente "
Eternity", abbiamo a che fare con un’eccellente esempio di
chic-rock nordico), mi appresto con curiosità ad ascoltare “
Into the future”, in cui gli svedesi, ridotti a un terzetto, decidono di affrontare questo devastante 2020 con un approccio musicale che sposta il
focus ispirativo dai Journey ai Rainbow.
Al di là della appena citata “generalizzazione”, è sufficiente anche solo un ascolto del nuovo albo per rilevare che il gruppo, anche in quest’orientamento stilistico, non ha perso la sua classe nel
songwriting e che semmai le debolezze principali dell’opera risiedono nella resa sonora e nella ormai flebile voce di
Jim Jidhed.
Il cantante, che ho adorato in passato e apprezzato anche nel suo eccellente lavoro solista “
Push on through”, non riesce sempre a compensare con le notevoli capacità interpretative l’evidente debilitazione timbrica, ma a sorprendere in misura addirittura maggiore è che la
AOR Heaven, dall’alto della sua ben nota competenza specifica, non sia stata in grado di sostenere adeguatamente il ritorno discografico di un nome di spicco della scena.
Un suono impastato e poco brillante (nonostante il missaggio e il
mastering curati da un “certo”
Erik Mårtensson!) zavorra in maniera importante un programma che si apre con una buona “
You still burn”, potente e accattivante, e che già con la successiva “
Night of fire” dimostra di poter fare addirittura meglio, assorbendo nell’impasto espressivo rifrazioni celtiche care a Ten e Magnum.
Il
refrain anthemico di “
War scars” fa la parte del leone in un brano a “presa rapida”, mentre “
Time is right”, assieme a “
Freedom wind” e “
Fallin way down”, rappresentano un’efficace concessione agli estimatori dei “vecchi”
Alien.
Agi amanti dell’
hard-rock classico sono invece dedicate la discreta “
What are we fighting for” e la suggestiva
title-track dell’album (davvero Rainbow-
iana) e se “
Really wheeling it” piace per la bella
verve armonica, meno incisive appaiono l’anonima “
In her eyes” e l’asfittica “
Children”, che evidenzia in maniera abbastanza impietosa tutte le attuali difficoltà di
Jidhed.
Non è dunque semplice valutare “
Into the future”, che alla fine si rivela un ibrido non pienamente convincente e un po’ indeciso, a cui avrebbe sicuramente giovato un sound all’altezza degli
Alien, con tali presupposti piuttosto lontani dal poter riconquistare un ruolo da protagonisti nell’impegnativa contesa melodica contemporanea.
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