Vediamo un po’ di descrivere brevemente cosa troverete in “
Paragon”: linee armoniche ariose, talvolta vagamente malinconiche e sempre alla ricerca del
refrain accattivante, chitarre pulsanti e taglienti, che s’intrecciano a tastiere pastose, il tutto al servizio della voce acuta e comunicativa di un
vocalist capace di prendere per mano le melodie e condurle dritte al centro dei sensi degli appassionati del genere.
Quello che non c’è, invece, è l’originalità della proposta, ma se la grande storia dell’
AOR nord-americano è indelebilmente scolpita nei vostri
cuoricini di
rockofili sono certo che tale “carenza” non sarà un grande problema, anche perché dovreste già conoscere molto bene le peculiarità di
Rob Moratti (Final Frontier, Rage Of Angels, Saga), troppo spesso trascurato quando si tratta di elencare i migliori interpreti del settore.
Il nuovo lavoro solista del cantante canadese, analogamente al precedente “
Renaissance”, è un disco pienamente godibile, supportato da
performance esecutive di alto livello (tra i prestigiosi collaboratori all’opera si segnalano anche
Ian Crichton e
Joel Hoekstra) e da composizioni parecchio coinvolgenti, pur nella loro evidente “prevedibilità”.
Così, se vi piacciono Journey, Bad English, Refugee e REO Speedwagon e fremete tuttora per la reiterazione, effettuata con gusto e cognizione di causa, del loro immarcescibile
modus operandi, sono convinto troverete ampi motivi di soddisfazione in un programma che forse pecca solo in un’eccessiva linearità dei temi espressivi, rischiando così di comprimere un po’ l’effetto emotivo complessivo.
Nulla di particolarmente preoccupante, in realtà, perché il
riff circolare e il ritornello terso di “
I’m falling” catturano fin dal primo contatto, il
pathos elargito copiosamente da “
What have we become” è tipico del miglior lignaggio
adulto e la linea melodica di “
Remember” ha i mezzi per non farsi “dimenticare” troppo presto.
La stessa cosa dovrebbe succedere anche a “
Where do we go from here”, una ballata piuttosto canonica e tuttavia molto gradevole, mentre sono sicuro che di fronte a “
Drifting away”, “
Break the chains”, alla frizzante “
Alone anymore” e alla
catchy “
Stay away”, anche gli
AOR-sters più smaliziati ed esigenti proveranno un
brividino di gratificante turbamento nostalgico.
L’ultima menzione la riserviamo per “
Bullet proof alibi”, che piace per il suo avvolgente clima crepuscolare, finendo poi per consigliare “
Paragon” a tutti quelli cercano un prodotto musicale onesto, solido, di calibrata e pregevole fattura artistica, pienamente aderente a una tradizione che nelle “mani giuste”, proprio come quelle di
Rob Moratti, continua a riservare emozioni importanti.