Torna il polistrumentista Martin Briley, già famoso nell’ambiente musicale per le sue collaborazioni con grandi nomi come Celine Dion, Meat Loaf e Michael Bolton, solo per dirne alcuni.
Questa volta il musicista americano ha deciso di cimentarsi con un lotto di canzoni sue, cosa già accaduta in passato, anche se sembrava per lui una pratica abbandonata da tempo.
Il risultato è interessante ma, occorre dirlo, strabilia poco. “It comes in waves” si muove sinuosamente tra un aor soffice e delicato, mai particolarmente bombastico, e un pop da classifica orecchiabile ma decisamente innocuo. Ne vengono fuori canzoni gradevoli e ben riuscite come la title track, la scanzonata “Church of Disney”, o la malinconica ballata “Pray for rain”. In generale però, le soluzioni adottate non sono poi moltissime, e anche la voce di Briley, che di sicuro non è un virtuoso da questo punto di vista, risulta eccessivamente monotona.
Ci saremmo anche aspettati una maggiore sterzata verso il rock, essendo ora più libero da vincoli artistici e commerciali imposti da terzi.
Poco male, “It comes in waves” si fa ascoltare bene e arrivare alla fine non è impresa difficile (considerata anche la sua breve durata!). Quest’anno ho comunque sentito di meglio…
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