La band americana degli
Hierarchy ha avuto una storia un po’ travagliata. Nati a New York nel 2003 si sono sciolti nel 2008, producendo solo un paio di demo e ben tre live album, per poi riformarsi nel 2018 e arrivare con questo omonimo album al debutto sulla lunga distanza.
La band dichiara di suonare un blackened death metal, molto ancorato agli anni ’90, con riff slayeriani ma al tempo stesso debitrice di bands come
Deicide e
Incantation, senza dimenticare il doppio attacco vocale che molti rimandi ha allo screaming black metal. Queste essendo le coordinate stilistiche della band, bisogna aggiungere che il songwriting è vario, alternando pezzi più veloci e brutali ad altri più lenti e cadenzati, come l’ottima “
Faithless”.
L’universo lirico è tutto incentrato su satanismo/anticristianesimo e occultismo, con titoli esplicativi che vanno da “
Ave Satanas” a “
Death To The Vatican”.
Uno dei difetti del disco, al di là della derivatività della proposta, è l’eccessiva prolissità, con un minutaggio anche avrebbe avuto bisogno di una bella sforbiciata ai quasi 55 minuti. Tuttavia, da contraltare, troviamo un genuino sentore di anni ’90, non di quelli posticci messi lì per darsi il tono vintage, gli
Hierarchy non ne hanno bisogno, perché nascono e si fermano, come evoluzione musicale, tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000.
Il sound è dichiaratamente old school, anche nella produzione, ma senza mai suonare antico o fuori moda.
Alla luce di tutto quanto detto sopra, secondo la mia modesta opinione gli
Hierarchy una chance se la meritano, nel panorama estremo mondiale un po’ di ripasso dei bei tempi andati, fatto con convinzione e passione, fa sempre bene.
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