La mia ammirazione per
Jacopo ‘Jack’ Meille come cantante ha origini lontane (Mantra), e ritrovarlo tra i principali artefici della “seconda giovinezza” dei Tygers Of Pan Tang, uno dei miei (tanti) “amori giovanili", non ha fatto altro che accrescere la stima nei suoi confronti.
Sostituire, dietro il microfono dei
Sainted Sinners,
David Reece, un altro campione della fonazione modulata internazionale, arricchisce ulteriormente un
curriculum di prestigio e ci porta direttamente all’ascolto di “
Unlocked & reloaded” con la rassicurazione che almeno dal punto di vista vocale l’albo non evidenzierà debolezze.
La sua prova, in effetti, è ancora una volta davvero pregevole, e se vi piace l’
hard-rock “classico”, siete
fans di Led Zeppelin, Whitesnake, Rainbow, Dio, e avete pure apprezzato, per esempio, quanto prodotto in tempi recenti da
Adrian Vandenberg (MoonKings e solista), non mi lascerei sfuggire l’occasione di trascorrere una cinquantina di minuti in gradevole compagnia di un crogiolo sonoro vitale e coinvolgente, nonostante il suo evidente retaggio stilistico.
Al risultato contribuiscono fattivamente la chitarra fremente di
Frank Pané, un’altra garanzia per chi conosce il gruppo e le sue prestazioni nei Bonfire, lo storico batterista dei
Sainted Sinners Berci Hirleman e i nuovi ingressi
Ernesto Ghezzi (Eros Ramazotti, Gotthard) e
Rico Bowen (Paul McCartney, Madonna), del tutto inseriti all’interno di un meccanismo compositivo completamente esente dall’effetto parodia.
“
Same ol’ song”, fin dal titolo, è una sorta di “manifesto” dei contenuti di “
Unlocked & reloaded”: non inventando nulla, la
band impregna di
feeling e d’intelligenza una trama armonica ammaliante e lo stesso si può affermare della successiva “
Standing on top”, impreziosita da un
riff magnetico e da un
refrain ancora più contagioso.
La gemma “
Early light of day” risplende per la sontuosa melodia
adulta e se gli spettri del
Dirigibile e dell’
Arcobaleno diventano maggiormente tangibili in “
40 years”, il tutto viene gestito con classe innata, la medesima che ritroviamo nel crescendo visionario di “
The hammer of the gods”, una “roba” da far invidia ai migliori Kingdom Come.
Si prosegue con il
groove denso di “
Free to be” e il romanticismo non stucchevole di “
I can’t wait”, mentre “
Stone cold sober” pulsa di ardente
hard n’ blues dalle brillanti sfumature
Porpora e “
Call it love” punta nuovamente su una linea melodica avvincente per espugnare i sensi dell’astante.
Divertimento e voluttà
R’n’R alimentano “
Wall of sound”, in contrasto con la scarica di emozione evocativa procurata da “
Farewell to kings”, splendida conclusione di un programma che riesuma la magia del passato intridendola della necessaria tensione espressiva … amanti del genere, fatevi sotto!
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