Cosa dire degli
Asphyx? Sarebbe come criticare i classici, o mettere in discussione capisaldi come la “
Divina Commedia” dantesca o l' “
Odissea” di
Omero.
Non si può criticare una formazione che ha scelto la strada impervia dell’intransigenza sonora non correndo dietro alle mode; si potrebbe riassumere tutto in un'unica definizione, ovvero coerenza.
Il titolo di questo nuovo album sembra il nome di un sauro preistorico affamato di carne e portatore di morte, pronto ad azzannare chiunque osi attraversargli il cammino.
L’opener “
The sole cure is death”, è un bel pugno in up tempo death metal con chitarroni con riff che tagliano come lame di un coltello e il latrato di
Martin Van Drunen che è una sicurezza.
Ma ecco che poi arriva l’accelerazione distruttiva con riff serrati a malsani; la produzione potente e pulita sa anche conservare il sano marciume generato dagli olandesi.
“
Mount skull”, è un monolite pesante con un riffing possente, doom nella sua essenza ma con una certa melodia di fondo.
Questo non vuol dire che i quattro abbiano concesso qualcosa perché il tiro aumenta man mano diventando un martello pneumatico death metal.
Io sinceramente penso che “
Three years of famine” sia uno degli highlights di questo album.
Massiccia costruzione death/doom come loro sano solo fare; i riff generati da
Paul Baayens sono una colata di acciaio che si apre verso una partitura solenne, epica e drammatica con un bell’intermezzo di chitarre acustiche per poi tornare elettricamente sul sentiero, un brano stupendo.
Ma non c’è tempo di recuperare fiato perché “
Botox implosion” ti stende contro un muro.
Pezzo velocissimo quasi death/thrash nel suo incedere veemente e serrato; il brano poi diventa una tellurica cavalcata sorretta da un’impalcatura nerissima di riff mortiferi e maligni con l’ugola acida di
Van Drunen che non lascia scampo.
Chiude il tutto la titletrack che in parole povere è la summa stilistica della band doom/death metal.
Inizio possente con batteria e basso che vanno di pari passo con l’urlo iroso del singer che porta all’entrata delle chitarre; magnifico pezzo doom metal che si abbevera nelle acque velenose del death più marcio in una cavalcata che porta un marchio purulento con cambi di tempo serrati e neri.
Un album che è un capolavoro ed è per me uno dei dischi top di questo anno in corso, lo so che è presto ma questi arancioni non hanno deluso le aspettative rendendo ancora più significativa la loro storia, Hailz
Asphyx!
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