Credo sia doveroso svolgere una premessa: per chi scrive, “
Kulkija” si fregia del titolo di miglior
album dei
Korpiklaani da un decennio a questa parte.
Partendo da tale antefatto, e considerando altresì la mia scarsa propensione all’ottimismo, le probabilità di tenere il passo che attribuivo al suo successore non erano altissime.
Ebbene: dopo svariati ascolti mi sento di poter affermare che le mie previsioni si sono avverate, benché trovi “
Jylhä” un’opera più che dignitosa e tutt’altro che disprezzabile.
Semplicemente, l’ispirazione compositiva a questo giro sembra essersi affievolita, soppiantata da una ragguardevole dose di mestiere, che permette comunque ai Nostri di portare a casa la pagnotta.
Con ciò, si badi, non intendo suggerire che l’undicesimo (!)
full length della formazione silvana si trinceri pavidamente in difesa, limitandosi a riproporre sbiadite fotocopie dei brani che hanno donato loro la notorietà.
In realtà, “
Jylhä” mette in mostra una varietà spiazzante: in poco più di un’ora di durata, infatti, il loro celebre
folk metal si tinge di classic (penso al roccioso
riffing di “
Verikoira”, addirittura
priestiana in alcuni frangenti, ed all’arrembante “
Niemi”), si contamina col
country western (l’indiziata principale è “
Pidot”) e si lascia ammaliare dal
reggae (“
Leväluhta”), oltre a lanciarsi in territori articolati anzichenò (la conclusiva “
Juuret” su tutte).
Il problema, dunque, non va ricercato nella stagnazione stilistica, quanto piuttosto nella qualità intrinseca dei brani.
I
Korpiklaani, ad onor del vero, hanno sempre disseminato qualche
filler nelle proprie release, però stavolta il novero dei brani “passabili e nulla più” è sin troppo folto.
“
Miero”, “
Huolettomat”, “
Pohja” e “
Kiuru”, giusto per fare nomi e cognomi, poco aggiungono ad un
platter che avrebbe a mio avviso tratto grande giovamento da una maggior snellezza.
Una volta ancora, inoltre, manca il classico inno etilico caciarone che ti ritrovi a canticchiare nelle occasioni meno opportune, ma sotto tale profilo non ce la sentiamo d’imputare alcunché a
Jonne e soci: invecchiamo tutti, ed evidentemente oggi calzano meglio vesti più malinconiche e riflessive.
Tirando le somme, “
Jylhä” non incanta, ma nemmeno delude; al netto di qualche episodio sorvolabile, il suo ascolto saprà coinvolgere e divertire i
fans.
Il che, a voler ben vedere, non è affatto un risultato trascurabile.
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