Ascolti “
Ultimate demise” e ti rendi conto di quanto l’
hard-rock melodico scandinavo non rischi al momento di subire spiacevoli “crisi di rigetto” dovute a una sovrabbondanza di offerte, nonostante, ammettiamolo, i suoi autori, i
Wildness, non siano minimamente interessati a divergere da un canovaccio stilistico ampiamente collaudato e consolidato.
Del resto, se questa “roba” ha saputo sopravvivere al
grunge, al
gothic e al
nu-metal, qualche ragione ci sarà e qualora una melodia cromata, un coro da cantare a squarciagola e un pizzico di romanticismo siano tuttora parte integrante del vostro modo di intendere un’agevole forma di sollazzo musicale, non mi resta che consigliarvi il secondo albo di questi svedesi, oggi capitanati dalla voce stentorea di
Erik Forsberg (ex Blazon Stone) e piuttosto abili nel seguire con una certa disinvoltura le orme di Europe, Treat, Eclipse, Art Nation e H.E.A.T.
Sotto la produzione attenta del batterista e principale
songwriter del gruppo
Erik Modin, coadiuvato al missaggio e alla masterizzazione dal noto
Erik Wigelius, il disco ha in realtà bisogno di qualche pezzo per entrare nell’atmosfera “giusta” e, infatti, dopo tre brani gradevoli e tuttavia abbastanza anonimi, è “
Cold words” a fornire la prima autentica scossa sensoriale, in virtù di chitarre taglienti stemperate in una linea armonica da contagio immediato.
Da qui in avanti, via libera a un programma ricco di brillanti suggestioni emotive, alimentate dalle traiettorie intramontabili dell’
hard de-luxe, categoria a cui appartengono sicuramente la Dokken-
iana “
Renegades of fove”, la pulsante “
Burning it down”, la raffinata “
My hideaway” e ancora “
Denial” e “
Borderline”, due ottimi esempi di tipica
chic-eria nordica.
“
Falling into pieces” risolve in bello stile l’imprescindibile incombenza delle ballate, mentre la
title-track dell’opera, con il suo clima melodrammatico e celtico, non convince pienamente malgrado la buona prova di
Forsberg.
L’impressione è che i
Wildness, dotati di notevole tecnica e di un gusto melodico superiore alla media, possano e debbano fare di più, magari anche solo mantenendo costantemente elevata la tensione espressiva delle composizioni … intanto, nell’attesa del vero “colpo grosso”, non sottovalutiamoli.
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