Qui è necessario rivolgersi a chi si nutre quotidianamente di
AOR “tecnologico”, felpato e
poppettoso, alla (esigua?) falange di lettori di
Metal.it che apprezzano tanto gli Alien (e non mi riferisco agli ultimi …) e gli Stage Dolls quanto i Modern Talking e gli A-Ha (facendo così “inorridire” i
Defenders più intransigenti): “
II” dei
Creye è il disco che fa per voi.
A me che tanto apprezzai il loro debutto, l’attuale (modesto) incremento della quota
synth-pop ha lasciato inizialmente un po’ perplesso e non perché disdegni questo tipo di soluzioni sonore, bensì a causa di una sorta di vago “appiattimento” che sembra aleggiare sulla nuova proposta del sestetto svedese.
Oggi capitanati dal
vocalist August Rauer (sostituto del “figlio d’arte”
Robin Jidhed), i
Creye in realtà riescono in un’impresa assai difficile e cioè “guardare indietro” senza apparire fastidiosamente nostalgici, ostentando un approccio alla materia piuttosto fresco e “contemporaneo”.
Il vero “limite” di “
II” finisce così per essere la difficoltà nel costruire in maniera costante strutture armoniche vitali e istintivamente seducenti, elementi espressivi fondamentali, soprattutto in questo specifico ambito stilistico.
Nulla di particolarmente “grave”, a onor del vero, e sono sufficienti un paio di ascolti per entrare nel
mood dell’albo e assorbire senza troppi patemi anche i momenti lievemente più interlocutori del programma.
La presenza di gemme come “
Broken highway”, “
Carry on”, “
Find a reason“, "
Face to face” e “
Let the world know“, dove l’attrazione fatale si sviluppa in maniera intensa e istantanea, facilita, dunque, l’assimilazione di "
Hold back the night”, "
Closer”, "
The greatest” e “
War of love”, in cui il “contagio” appare meno imperioso e tuttavia ben rilevabile.
“
Siberia”, "
Can’t stop what we started” e “
Lost without you” enfatizzano il lato squisitamente
mainstream del gruppo, e sebbene la qualità si mantenga su livelli più che onorevoli, l’insidiosa ombra del manierismo e dell’eccessiva edulcorazione rischia di velare l’efficacia dei brani.
In conclusione, quei
Creye che all’esordio mi erano sembrati emergenti di valore e personalità, in “
II” confermano l’impressione pur perdendo qualcosa in fatto di spontaneità e tensione emotiva, ma se le
Terre del Nord continuano a produrre ottima musica, è anche per merito loro.
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