Copertina 6

Info

Anno di uscita:2024
Durata:41 min.
Etichetta:Record Breaking Records

Tracklist

  1. CIRCLE OF EVIL
  2. BEST OF THE BEST OF THE BEST
  3. GIVE IT ALL
  4. BLOOD MAGIC
  5. SUCKS TO SUCK
  6. READY FOR ANYTHING
  7. CITY CALLING
  8. TURN THE LIGHTS OUT
  9. THUNDERDOME
  10. LIVE TO FIGHT ANOTHER DAY
  11. BRAWL AT THE PUB

Line up

  • Dan Cleary: vocals
  • Timothy Brown: guitars
  • Pete Klassen: bass
  • John Simon Fallon: guitars

Voto medio utenti

Ma cosa diavolo è successo agli Striker???
Sono basito!

I canadesi, autori di almeno 2-3 album di puro heavy-speed metal, veramente belli, usciti nello scorso decennio (su tutti, Armed To The Teeth e l’ultimo Play To Win), tornano dopo 6 anni, e lo fanno con un lavoro che, oltre ad un titolo che sa spudoratamente di inutile ampollosità (e di...Dragonforce), sembra strizzare vistosamente l’occhio al pericolosissimo fenomeno della commercializzazione.
Il nuovo album Ultrapower infatti, ci presenta una band completamente diversa da come ce la ricordavamo, sia per quanto riguarda la line-up, rinnovata per 3/5 rispetto al precedente lavoro, di cui gli unici superstiti sono il bravo vocalist Dan Cleary (ormai unico membro fondatore rimasto) e il chitarrista Timothy Brown, ma soprattutto, sotto il profilo stilistico, considerando che il sound è palesemente orientato verso lidi molto più orecchiabili, di matrice glam-AOR di “ottantiana memoria”, con tanto di (abbondante) utilizzo di cori e coretti di facile presa, synth e sax, abbandonando ogni velleità power-speed del passato.
Ultrapower è un disco volutamente più accessibile rispetto ai suoi predecessori, pieno zeppo di astuti trucchetti con cui gli Striker tentato spudoratamente di allargare il proprio potenziale bacino di utenza; concetto quest’ultimo, che (ahimè) stride parecchio con la vera essenza della musica metal ma con cui, purtroppo, ai giorni nostri, siamo costretti a convivere.
Del resto, lo si era già capito, oltre che dal titolo, anche dalle foto di presentazione di questo nuovo album in cui, i Nostri venivano immortalati con sorrisi forzati da lobotomizzati, in pose idiote, indossando abiti di una tamarraggine sconcertante, degne dei più beceri “influencer” moderni!
Ma torniamo alla musica...”CHE E’ MEGLIO!” (citaz. Puffo Quattrocchi).

INTENDIAMOCI: Il fatto che il nuovo disco degli Striker sia più morbido e commerciale, NON significa necessariamente che sia anche brutto!
Cercando di essere il più oggettivi possibili, accanto a tracce banali, come Best Of The Beast, Give It All, ma soprattutto, City Calling e Live To Fight Another Day, che lasciano interdetti per abuso di melodie e per la loro indole (quasi pop), compaiono anche composizioni valide, che rispolverano la granitica solidità del tradizionale sound della band, regalando dei buoni spunti. Spiccano, a tal proposito, l'iniziale Circle Of Evil, Blood Magic (forse il pezzo migliore del disco), o ancora Ready For Anything e Turn The Lights Out.
Tutto sommato, anche i nuovi arrivati, ovvero John Simon Fallon (chitarra), Pete Klassen (basso) e Jonathan Webster (batteria), sembrano cavarsela egregiamente e integrarsi bene all’interno della formazione, eppure è lampante che qualcosa non gira per il verso giusto.

Il limite principale di Ultrapower è da individuare nel contrasto interiore vissuto dai componenti della band, perennemente combattuti tra le loro indiscusse qualità tecnico-compositive e la loro ambizione di voler risultare accessibili a tutti i costi. Cosi facendo, gli Striker finiscono inevitabilmente per snaturarsi.
E’ doveroso ricordare che anche nei precedenti lavori era comunque presente una buona dose di orecchiabilità, ma si trattava di album con maggiore mordente e personalità, notevolmente più incisivi di quello attuale in cui, tutto gira in funzione del lato “catchy” del disco, e il risultato non può che essere spiazzante.
Che la fama e i vari premi ricevuti in questi anni di silenzio abbiano dato alla testa a Dan Cleary e soci? Lo scopriremo.
Per adesso, rimangono solo l’amarezza per un album che non è brutto, ma su cui venivano riposte ben altre aspettative e il timore per una band che sembra stia smarrendo la strada.
Mi auguro vivamente che tali perplessità vengano spazzate via in futuro.




Recensione a cura di Ettore Familiari

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