Esordio per gli svedesi
Malsten, che traggono ispirazione per titolo e svolgimento del loro lavoro da una oscura leggenda locale riguardante uno spettro che infesterebbe le zone rurali dei dintorni di Malmoe.
Doom lento e sfibrante, gravido di vibrazioni funeral ed horror, tutto giocato sulle ritmiche implacabili e lumachesche, sui riff marmorei, su toni vocali cantilenanti e qualche arrangiamento elettronico in sottofondo. Quattro canzoni spalmate in oltre quaranta minuti, dall'andamento tetro e trascinato, che ci regalano soprattutto sensazioni di sconforto e depressione. Un sound privo di luce e speranza, votato integralmente all'oscurità ed alla contemplazione di una fine imminente.
Il quartetto scandinavo offre una prestazione tecnicamente impeccabile, sia sotto il profilo strumentale che vocale. Però non offre nulla di nuovo, niente che non sia già stato esplorato da decine di altre formazioni. I rallentamenti estenuanti, la voce profonda e declamante, l'atmosfera lugubre e funesta, le dilatazioni atmosferiche, l'esplosività monolitica e monotematica, sono da decalogo del funeral-doom in tutto e per tutto.
Onestamente, il tutto finisce per risultare un pò noioso e ripetitivo.
Un disco di genere, nè meglio nè peggio di tanti altri. Credo che i
Malsten dovranno osare molto di più in futuro, per uscire dall'anonimato.
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