Voglio partire da una premessa, ormai al giorno d’oggi inventare, o sconvolgere il panorama musicale credo sia molto difficile. Se restringiamo il campo al Metal classico, ancora di più. Credo però anche, che ciò non significhi rinunciare a suonare la musica che più si ama, o nella quale si crede. Non si deve neanche sottostare alle regole di un music business che ordina di seguire la moda del momento, ma si dovrebbe seguire il proprio istinto, passione, e dedizione verso il genere, o generi musicali che si sentono più vicini a sé.
Quest’ultima frase rispecchia a pieno le sensazioni che ho avuto durante l’ascolto del nuovo disco degli
Angel Martyr,
“Nothing Louder Than Silence”. Toscani, più precisamente di Piombino, gli
Angel Martyr nascono nel 2006, e dopo un demo e un EP, vedono nel 2017 la pubblicazione del loro debutto
“Black Book: Chapter One”. Album che devo essere onesto, al primo ascolto non mi colpì più di tanto. Dicevo continuamente fra me e me, “ma questo passaggio assomiglia al pezzo di questa band. E quest’altro a quest’altra band!”. Poi invece ho pensato, ma anche se fosse, che male c’è? Quello che si sente subito negli
Angel Martyr, è sicuramente la passione per ciò che suonano, e per riattaccarmi al discorso iniziale, è un fattore che metto davanti a tutto nell’ascolto di un disco. E con
“Nothing Louder Than Silence”, seppur il sound sia rimasto pressoché lo stesso, gli
Angel Martyr riconfermano tutto ciò.
L’amore per il Metal anni 80’ si individua subito nella veloce
“The Legion Of The Black Angels”, una cavalcata stile
Maiden che difficilmente non vi farà non battere il piede a terra per tenere il tempo durante l’ascolto.
“Forgotten Metal” si propone come tributo all’immortale
Mark Shelton dei
Manilla Road, scomparso nell’estate del 2018, riuscitissimo a parere di chi scrive, mentre
“Marked By The Woodblade” e “
Reckless Master” sono cariche di quell’atmosfera battagliera dei primi
Omen, da “prendi il tuo scudo, la tua spada, e fiondati nella battaglia!”. Una nota dolente che si percepisce subito però, è il minutaggio eccessivo di alcuni pezzi.
“Black Twin Rising” ha un’ottima struttura, come anche
“Climbing The Walls Of Abyss” ma se invece di quei sei minuti ne fossero durati 4, l’ascolto generale ne avrebbe giovato sicuramente. Questo fatto si avverte anche nella lunga
“My Name Is Legion”, che parte molto bene con dei riff serrati e un’attitudine molto Speed, ma si perde nella parte centrale nel creare un’atmosfera misteriosa, e che può portare l’ascoltatore a passare rapidamente ai minuti successivi per sentire la fine del pezzo. Altro punto è la voce di
Tiziano “Hammerhead” Sbaragli, cantante anche degli
Etrusgrave di
Fulberto Serrena (ex
Dark Quarterer), molto potente e acuta (a tratti simile alla voce che fu di
John Cyriis degli
Agent Steel), forse troppo acuta in alcuni casi. Sarebbe stato l’ideale a mio modo di vedere, un’alternanza di parti medio basse ad altre più alte, invece che stabilizzarsi perlopiù sulle ultime. Altra nota ahimè, la produzione, che in molti frangenti non rende giustizia alle chitarre, le quali avrebbero giovato di un sound più graffiante e incisivo, data anche la carica adrenalinica di molti riff.
Questo però non deve farvi pensare che
“Nothing Louder Than Silence” sia un disco a malapena sufficiente, tutto il contrario. Se cercate ottimi assoli, dal gusto melodico ma che non tralascino un pizzico di venature Speed Metal alla
Running Wild, o canzoni che sapranno essere capaci di riportarvi alla mente i tempi passati di un Epic Metal battagliero, di ritornelli ai primi
Hammerfall che vi stamperanno in testa, date una chance a questi ragazzi. Le cose da limare ci sono, ma sono sicuro che se gli
Angel Martyr sapranno evolversi e cercare anche di distaccarsi e creare un sound sempre più personale, ne sentiremo ancora parlare.