Funeral Doom: nel caso dei My Shameful le litanie opprimenti impresse sul disco sono più adatte a provocare un funerale (quello dell'ascoltatore) che ad accompagnarlo.
La monotonia attanagliante di “The Return To Nothing”, per quanto programmaticamente ipotizzabile, diventa carceriere insuperabile dell'attenzione dell'ascoltatore, tenendola accuratamente lontana dagli otto pezzi dell'album, tra l'altro difficilmente riconoscibili (un quesito sulla Settimana Enigmistica?) e immediatamente assimilabili ad un unico, densissimo magma sonoro.
Questa volta Sami Rautio è quantomeno riuscito ad offrirci una produzione degna dei suoni corposi che le chitarre meritano in un disco del genere, ma le emozioni, quelle nere, angoscianti, e ancora più nere, che dovrebbero fluire a passo lentissimo da un disco del genere, si nascondono nella coltre di pece che ci separa da “The Return To Nothing”.
Che non potrebbe andare peggio ce lo dimostra "It Can't Get Worse", presentandoci nella sua seconda parte alcuni accenni di interesse: una bella distesa di riff apocalittici che ci risvegliano dal torpore per permetterci di giocare a riconoscere dove, e quante volte, abbiamo sentito qualcosa del genere. Se non siete una divinità pagana dalle molte braccia rinunciate pure a tenere il conto. Per il resto, panta rei: i “My Shameful” scorrono inesorabili nella loro immobilità sonora e stilistica, si ritorcono su se stessi, immemori dell'evoluzione che li circonda. Per non commettere il loro stesso errore, potremmo riassumere tutto con una sola parola: angoscianti. A ognuno la sua accezione.
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