“Era la fine dei sixties” racconta
Alice Cooper, “e mentre a Los Angeles potevi ascoltare i Doors ed i Love, a San Francisco i Grateful Dead ed i Jefferson Airplane e a New York i Velvet Underground, c’era una città dove stava esplodendo l’heavy rock, e all’Eastown potevi ascoltare gruppi locali come Alice Cooper, Ted Nugent, gli MC5, e altri gruppi pesanti che passavano da quelle parti come gli Stooges, gli Who, i Savoy Brown. Non c’era spazio per il soft rock, Detroit era una città per emarginati e disadattati, era una città arrabbiata, e voleva rock arrabbiato, non esisteva un altro posto negli Stati Uniti dove si potesse sentire quel tipo di musica ogni sera per pochi dollari”.
Questa premessa è doverosa per capire cosa ha spinto lo zio
Alice ad intitolare il suo ultimo album, il ventottesimo registrato in studio fin da quel lontano 1969 che segnò il suo debutto, “
Detroit stories” ed a dedicarlo alla sua città natale. Ed è necessaria anche per dare la giusta chiave di lettura una volta iniziato l’ascolto, in quanto trattandosi di racconti di vario tipo, anche la proposta musicale è decisamente eterogenea.
Si passa così senza alcun preavviso e senza il minimo problema dall’hard rock allo shock rock, passando per il blues, il beat, il musical, il soul. Sicuramente qualcosa alla quale
Alice Cooper ci ha abituati negli anni, per cui nulla di cui impressionarsi o scandalizzarsi. Quello, invece, che mi preme sottolineare fin da subito, è il prepotente ritorno a sonorità seventies. Ma d’altra parte, con queste premesse, non poteva essere che così, per cui se siete amanti del periodo più commerciale ed eighties del singer, quindi di album come
Trash o
Hey stoopid, vi avverto che troverete tutt’altro tipo di sonorità.
Per enfatizzare ancora di più questo ritorno alle origini, lo zio ha chiamato a sé di nuovo il guru
Bob Ezrin (Deep Purple, Pink Floyd, Kiss, etc), che già nel 1970 fece la magia di catturare il sound ruvido e roccioso dell’allora Alice Cooper Band producendo poi buona parte dei dischi auccessivi, e anche questa volta non si smentisce, con una produzione dal profondo sapore retrò, ma che al tempo stesso non suona soltanto vintage.
Ciliegina sulla torta? La formazione che accompagna
Cooper:
Paul Randolph, bassista leggendario nella scena di Detroit,
Johnny “Bee” Badanjek alla batteria, direttamente dai Detroit Wheels, ma soprattutto un certo
Wayne Kramer, leggendaria ascia degli altrettanto leggendari MC5, un soggettino tutto pepe che all’epoca ha contribuito in prima persona a creare e caratterizzare, con la sua band, il Detroit sound, e che si è integrato alla grande nella composizione a quattro mani con
Alice. Per rendere il tutto ancora più autentico, l’album è stato registrato presso i Rustbelt Studio, naturalmente a Detroit.
Due parole sulla musica, e non più di due, in quanto sarebbero davvero sprecate: l’album è valido dalla prima all’ultima canzone, non c’è un episodio debole. La chitarra di
Kramer graffia ed incarna alla perfezione quel suono ruvido e nervoso tipico di quel periodo magico, ma soprattutto supporta alla grande l’ennesima prova dietro il microfono di
Vincent Damon Furnier, che sembra davvero spassarsela alla grande a cantare queste quindici canzoni e che non ha la benchè minima intenzione di ritirarsi a vita privata, e per fortuna, aggiungo io…
Ecco quindi il rock and roll di “
Sister Anne”, la teatrale “
Independence Dave”, il proto punk di “
I hate you” e di “
Go man go”, la ruffiana ed autocelebrativa “
Detroit city 2021”, l’hard boogie di “
Shut up and rock” e di “
Hail Mary”. E ancora, il blues sinuoso di “
$1000 high heels shoes” e quello più sporco, sudato e sanguigno di “
Drunk and in love”, oppure il beat beatlesiano di “
Our love will change the world”. Insomma, di carne a cuocere ce n’è davvero tanta, e soddisferà ogni tipo di palato, non credo ci sia bisogno di aggiungere molto altro. Se amate
Alice Cooper e vi sono piaciuti i suoi ultimi album in studio, apprezzerete anche questo, a maggior ragione se, come già detto, vi garba soprattutto il suo periodo più sanguigno e meno patinato.
Se avete intenzione di acquistare l’album, sappiate che è stato pubblicato dalla
earMUSIC in diverse versioni: CD, CD+ DVD digipack, CD Box Set (CD, Blu-Ray, T-shirt, mascherina, una piccola torcia e tre adesivi), e infine in doppio LP gatefold. Il DVD e il Blu-Ray contengono il live show “A paranormal evening at the Olympia Paris”, per la prima volta disponibile in video.