Gli End Of Everything sono una band scozzese, derivazione atipica quindi per la nuova scoperta della Copro Records. Sebbene la provenienza non faccia supporre una qualità elevata della proposta musicale, tuttavia bastano pochi secondi dell’opener “Prototype” per rendersi conto che qui c’è materiale che scotta.
Giovandosi di un sound cupo, dal luccichio industriale, con strutture spesso meccanicistiche delle songs, soprattutto nelle parti ritmiche, compresa una produzione grezza e poco smussata, gli End Of Everything ci fanno venire in mente tante altre bands. Hanno il sound tipico dell’hardcore newyorkese, come potrebbero averlo i Crisis, anche se con molta meno follia e paranoia, in più però hanno mandato a mente la lezione dei compianti Pulkas, e certe “ingorghi” e “avviluppamenti” ritmici, soprattutto di basso, fanno venire in mente i Mudvayne di “The End Of All Things To Come”.
Ma sicuramente c’è molto di più, perché il sound ha spessore, come potrebbe esserlo quello degli Unearth, e non sono assenti parti più quiete e calme, soprattutto gli intermezzi denominati “Three: xx”.
Per il resto questo “Three” ci trapana il cervello, ci spacca le ossa, ci soffoca con la sua claustrofobia, si insinua come un verme sotto la pelle, e va di diritto nella top ten di fine anno. Non fateveli scappare.
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