Copertina 8

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2006
Durata:29 min.
Etichetta:Autoprodotto

Tracklist

  1. PORTE SOCCHIUSE
  2. WAKE UP!
  3. THE CALL
  4. MEMORIES: LATE SUMMER NIGHTMARE
  5. EMBRACING THE OBLIVION, PART ONE ( INSTRUMENTAL )
  6. NAUFRAGIO
  7. EMBRACING THE OBLIVION, PART TWO ( INSTRUMENTAL )

Line up

  • Stefano Talone: all guitars, clean vocals, spoken words, screams
  • Luca Visciola: drums
  • Davide Basili: bass
  • Filippo Bianchini: sax
  • Manolo Deiana: growl
  • Sofia Tiberi: female vocals
  • Matteo Cannas: percussions
  • Enrico Gandino: freetless bass
  • Andrea Mescolini: programming

Voto medio utenti

Mi sembra giusto e corretto iniziare questa recensione con un bel " scusami ": infatti questo cd giace sulla mia scrivania da mesi e mesi, sempre accantonato per motivi redazionali ma anche per mia pigrizia. Con la speranza che Stefano Talone, la mente pensante dietro al monicker Decree Of Pain, mi possa perdonare, mi accingo - finalmente!!! - all'analisi di questo progetto. Talone è un giovane musicista che ha lavorato duramente per quasi un anno e mezzo dietro a questo mini cd, dotato di un concept introspettivo suddiviso in tre capitoli, durante i quali si snoda tutto il livore e la paranoia delle nostre esistenze. Talone ha scritto praticamente tutte le linee vocali, oltre che alla storia del concept, e gran parte delle musiche presenti; in questa veste si è fatto coadiuvare da Luca " Vix " Visciola, batterista di estrazione funk/fusion e, per le parti di basso, da un vecchio amico, Davide " Torpe " Basili, all'epoca impegnato in una tribute band dei Red Hot Chili Peppers. Fatte le presentazioni di rito, passo all'ascolto del dischetto; partendo dal presupposto che, essendo un'opera prima, non può essere esente da pecche e difetti, bisogna ammettere che " To Inner Holocaust " supera brillantemente l'esame della critica. Difatti, in poco meno di mezz'ora, la band riesce a coniugare le proprie influenze, riscontrabili in acts come Katatonia, Opeth, Novembre ( ma anche certe divagazioni lisergiche tanto care ai Pink Floyd, senza tralasciare il lirismo magnetico dei Porcupine Tree ), con una vibrante, a tratti violenta, calligrafia musicale autoctona. Grazie ad una line up composta da elementi di diversa estrazione e cultura musicale, arricchita inoltre da guest particolari ( Filippo Bianchini al sax, Matteo Cannas alle percussioni, Sofia Tiberi alle voci, Andrea Mescolini ai synth ed Enrico Gandino al freetless bass ), ecco che la tavolozza si riempie di svariati, quasi infiniti direi, colori con i quali i Decree Of Pain dipongono un sontuoso affresco musicale ( sempre tenendo a mente pecche e difetti, ok? ). Il disco si apre con " Porte Socchiuse ", un intro delicata e soffusa, che ci conduce gentilmente al cospetto di " Wake Up! ", song che poggia su di un riff di chitarra graffiante, seppur non toccando mai vette estreme. Si denota subito il buon utilizzo del doppio cantato, con un nota di merito per Talone che si cimenta anche nelle clean vocals. Il brano si rivela una matrioska, in quanto fornisce svariati cambi di tempo e d'atmosfera, mantenendo comunque una coesione di fondo che ne facilita l'assimilazione. " The Call " è Opethiana nel suo ammiccare, stregando l'ascoltatore con suadenti melodie e squarci poetici al confine con il cantautorismo d'elite, salvo poi esser violentati da break violenti, nei quali la chitarra di Talone amoreggia selvaggiamente con il sax di Bianchini. Dopo un brano killer, " Memories: Late Summer Nightmares ", sembra riprendere il filo del discorso, iniziato con " Wake Up! ", gravando il tutto con growls profondissime, gelidi rallentamenti ed inaspettati rimandi all'arte, sublime, dei Neurosis. Una canzone difficile da digerire, ed il mio vuole essere un complimento, sia chiaro. Il disco si chiude con la strumentale, suddivisa in due parti, " Embracing The Oblivion ", che abbraccia nel mezzo " Naufragio "; quest'ultima si rivela la traccia più dolce e raffinata del disco, con ampi spazi per la chitarra acustica e le percussioni etniche, manto perfetto per le vocals sussurrate di Talone. Le due strumentali, invece, fanno da collante - la prima parte - e da epico commiato - la seconda ed ultima -, risultando altamente funzionali all'interno del concept. Ho rimandato più volte questa recensione, e mi scuso ancora; c'è da dire che l'attesa è stata ampiamente ripagata. Non accade spesso di imbattersi in un'opera prima così coraggiosa e densa di qualità. I pochi difetti sono da considerare fisiologici, orpelli altamente trascurabili al cospetto di un lavoro così pregevole. I miei più sentiti complimenti a Stefano Talone per la sua bravura e la voglia di fare - non STRAfare -, ed un plauso a tutti i musicisti coinvolti. Davvero un ottimo lavoro.
Recensione a cura di Andrea 'ELASTIKO' Pizzini

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