Secondo album per i doomsters francesi
Carcolh, seguito dell'esordio "Rising sons of Saturn" del 2018. Il collettivo di Bordeaux e Saint-Nazaire è formato da gente navigata, molto attiva nell'underground metal nazionale, cosa che contribuisce certamente a fornire solidità strumentale ad un sound puramente doom metal. Pensate ai Candlemass, ai Saint Vitus, ai Count Raven, ai Pallbearer, ed avrete la precisa idea di cosa troverete in questo "
The life and works of death".
Lentezza, pesantezza ed atmosfere epico-tenebrose, questa è la ferrea impostazione dei transalpini, i quali amano dilungarsi in brani tra i sei ed i dieci minuti che, lo dico subito, talvolta appaiono un pò prolissi. Un'altra perplessità che emerge subito è la prestazione vocale di
Sebastien Fanton, di per sè un buon cantante ma che in alcuni frangenti sembra mancare di potenza drammatica, di sofferenza ossianica, delle vibrazioni funeste e cimiteriali che vengono invece veicolate dalla musica.
A livello formale, i
Carcolh sono buoni esecutori del genere. Le linee massicce e rallentate, talvolta con un retrogusto epic-metal, funzionano a dovere. Un pezzo funereo e tombale come "
Works of death" potrebbe essere ascritto ai Solitude Aeturnus o ai Sacred Oath, con il suo incedere marziale e le immancabili vibrazioni Sabbathiane. Si sfocia anche nel funeral-doom più marmoreo e sconsolato, vedi "
The blind goddess", che però viene reiterato per dieci minuti a mio avviso davvero eccessivi.
Meglio la più concisa e ruvida "
When the embers light the way", dove notiamo un buon lavoro chitarristico ispirato alla nwobhm, mentre "
Aftermath" è un rarefatto episodio gothic-doom che evoca gli Anathema e soprattutto i Type 0 Negative, visto che
Fanton cerca di assumere tonalità ieratiche e declamanti (riuscendoci solo in parte). Tutto sommato un brano noioso.
La conclusiva "
Sepulchre", seppur anch'essa troppo dilatata, si assesta nuovamente su un discreto livello deep-doom, gravida di atmosfera criptica ed emozioni tristi e decadenti. Il passo però è sempre lo stesso, manca qualche impennata fantasiosa, qualche sprazzo di vitalità energica, e questo è un limite dell'intero lavoro.
Discreti esecutori del genere, al momento nulla di più. I
Carcolh producono un lavoro sufficiente ma avaro di veri momenti brillanti. Diligenti, ma con il freno a mano tirato.
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