Carcolh - The Life And Works Of Death

Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2021
Durata:48 min.
Etichetta:Sleeping Church Records

Tracklist

  1. FROM DARK AGES THEY CAME
  2. WORKS OF DEATH
  3. THE BLIND GODDESS
  4. WHEN THE EMBERS LIGHT THE WAY
  5. AFTERMATH
  6. SEPULCHRE

Line up

  • Sebastien Fanton: vocals
  • Olivier Blanc: lead guitar
  • Quentin Aberne: guitar
  • Mathieu Vicens: bass
  • Benoit Senon: drums

Voto medio utenti

Secondo album per i doomsters francesi Carcolh, seguito dell'esordio "Rising sons of Saturn" del 2018. Il collettivo di Bordeaux e Saint-Nazaire è formato da gente navigata, molto attiva nell'underground metal nazionale, cosa che contribuisce certamente a fornire solidità strumentale ad un sound puramente doom metal. Pensate ai Candlemass, ai Saint Vitus, ai Count Raven, ai Pallbearer, ed avrete la precisa idea di cosa troverete in questo "The life and works of death".
Lentezza, pesantezza ed atmosfere epico-tenebrose, questa è la ferrea impostazione dei transalpini, i quali amano dilungarsi in brani tra i sei ed i dieci minuti che, lo dico subito, talvolta appaiono un pò prolissi. Un'altra perplessità che emerge subito è la prestazione vocale di Sebastien Fanton, di per sè un buon cantante ma che in alcuni frangenti sembra mancare di potenza drammatica, di sofferenza ossianica, delle vibrazioni funeste e cimiteriali che vengono invece veicolate dalla musica.
A livello formale, i Carcolh sono buoni esecutori del genere. Le linee massicce e rallentate, talvolta con un retrogusto epic-metal, funzionano a dovere. Un pezzo funereo e tombale come "Works of death" potrebbe essere ascritto ai Solitude Aeturnus o ai Sacred Oath, con il suo incedere marziale e le immancabili vibrazioni Sabbathiane. Si sfocia anche nel funeral-doom più marmoreo e sconsolato, vedi "The blind goddess", che però viene reiterato per dieci minuti a mio avviso davvero eccessivi.
Meglio la più concisa e ruvida "When the embers light the way", dove notiamo un buon lavoro chitarristico ispirato alla nwobhm, mentre "Aftermath" è un rarefatto episodio gothic-doom che evoca gli Anathema e soprattutto i Type 0 Negative, visto che Fanton cerca di assumere tonalità ieratiche e declamanti (riuscendoci solo in parte). Tutto sommato un brano noioso.
La conclusiva "Sepulchre", seppur anch'essa troppo dilatata, si assesta nuovamente su un discreto livello deep-doom, gravida di atmosfera criptica ed emozioni tristi e decadenti. Il passo però è sempre lo stesso, manca qualche impennata fantasiosa, qualche sprazzo di vitalità energica, e questo è un limite dell'intero lavoro.

Discreti esecutori del genere, al momento nulla di più. I Carcolh producono un lavoro sufficiente ma avaro di veri momenti brillanti. Diligenti, ma con il freno a mano tirato.

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