“
Se questa avventura da un lato mi attira,
dall'altro mi spaventa un po'”.
Queste le riflessioni, prese in prestito dal vitello busone degli
Elii, che il bislacco
artwork di copertina di “
Zwart Vierkant” ha suscitato in me.
Alla fine, come avrete intuito, hanno prevalso coraggio e curiosità, ed eccomi qui.
Se avete già sbirciato il voto in calce, vi sarete resi conto di quanto avveduta si sia rivelata la mia decisione.
Già, perché il nuovo parto discografico dei
Grey Aura ha saputo ammaliarmi, trasportandomi davvero in una dimensione parallela sghemba e straniante.
Cerchiamo di mettere ordine nel caos: la compagine proveniente da
Utrecht sembra mantenersi in precario equilibro tra
black metal atmosferico,
progressive e
avantgarde, condividendo con
acts quali
Hail Spirit Noir,
Ved Bues Ende,
A Forest of Stars,
Dødheimsgard,
Aenaon ed
Arcturus un approccio eccentrico e teatrale alla materia.
Tuttavia, il sound dei Nostri non scimmiotta quello di nessun altro, e soprattutto mantiene un’asciuttezza e un’asprezza, in termini di partiture ed arrangiamenti, sconosciute a tanti colleghi.
“
Zwart Vierkant” è quindi un disco estremo a tutti gli effetti, come ampiamente testimoniato da schegge di follia quali l’apocalittica “
De onnoemelijke verleidelijkheid van de bezwijkende deugd” -che lingua inconcepibile...- o la convulsa “
Rookslierten, flessen”.
Al tempo stesso, l’impronta colta del combo emerge con forza nelle caliginose spirali
jazzy di “
Parijs Is Een Portal” o nel tragico romanticismo di cui la conclusiva “
Sierlijke Schaduwmond” è intrisa…
…per non parlare dell’impianto lirico, imperniato su un racconto di tale
Ruben Wijlacker.
Purtroppo non mastico l’olandese, ma pare si narrino le vicende di un pittore che, ad inizio ‘900, spinto dall’ossessione per il suprematismo (movimento artistico sovietico sviluppatosi nel medesimo periodo), intraprende un viaggio, fisico e spirituale, lungo il Vecchio Continente.
Non vorrei rovinarvi la sorpresa entrando troppo nei dettagli. Sappiate quindi che “
Zwart Vierkant”, al netto di una produzione un pelo asciutta per i miei gusti e di qualche passaggio indigesto, è senza dubbio uno dei dischi più ricchi di fascino e suggestione ascoltato negli ultimi mesi. Per pochi, volutamente elitario, astruso sino al terzo / quarto ascolto, anche a causa dell’idioma utilizzato; eppure, una volta decriptato, capace di regalare grandi soddisfazioni.
P.S.: se, come temo, la rece vi è stata di scarso aiuto nel decifrare le coordinate di “
Zwart Vierkant”, eccovi un aiutino:
P.P.S.: se invece non avete colto la citazione posta ad inizio recensione, eccovi un altro aiutino: