Si formano nel 2006, proprio come i ...
E sono svedesi, proprio come i ...
Si ammantano di occulto, proprio come i ... (anche se con meno maschere e costumi)
E di base suonano un hard rock di chiara matrice settantiana con sfumature gotico-psichedelico-doomegianti, proprio come i ...
Ah già, dimenticavo, dispongono di un potenziale commerciale decisamente notevole, proprio come i ... (anche se finora hanno conquistato una minore risonanza)
Sì, insomma, il parallelo viene da sé (ma con chi non ve lo dico, tanto se conoscete entrambe le realtà avete già capito; diversamente non importa, potete vivere benissimo senza sapere e poi diciamocela tutta, i paragoni espliciti risultano un pizzico ineleganti).
Giusto o ingiusto, questo parallelo? Non saprei, e in effetti poco mi affascina come domanda (anche se me la sono posto da solo e quindi potrei portarvi a pensare che me la sto cantando e suonando da solo).
D'altra parte ho voluto partire in questo modo così da smarcare subito l'argomento e ora che ce lo siamo levati di torno passiamo alle robe serie.
Il fatto è che gli
Year Of The Goat sono bravi; ma bravi del tipo che hanno, a mio modesto parere, il marchio dei campioni, non quelli che sembrano fenomeni nelle giovanili e poi si perdono per strada ma quelli che arrivano in prima squadra e dopo un giusto apprendistato diventano pure titolari.
Non è l'originalità l'elemento che andremo prioritariamente a cercare nei solchi di
Novis Orbis Terrarum Ordinis, ad oggi ultima creatura partorita dalla band guidata da
Thomas Sabbathi/Ericksson/Lucem e relative varianti del nome in base a come gli gira (voce e chitarra) e da
Mikael Popovic noto anche come Pope (voce e mellotron).
E se la cercheremo non la troveremo, né dal punto di vista stilistico (come anticipato stiamo parlando di un hard rock fortemente radicato negli anni '70 e pur tuttavia attualizzato e contaminato in modo intelligente) né sotto l'aspetto lirico (peccati capitali, ordini che governano il mondo, esoterismi vari).
Ma allora con cosa abbiamo a che fare? Con della buona musica. Con dell'ottima musica. Con della musica che alle mie orecchie suona tremendamente ammaliante, accattivante, e poi cercavo un terzo avverbio che iniziasse per "a" e che fosse coerente ma l'unico venutomi era affascinante e temevo di essere ridondante, scusatemi.
Se come risposta vi basta siete a posto, se no potete ascoltare qualcosa, tanto oggi come oggi le occasioni e i mezzi non mancano, e farvi la vostra idea.
Quattro tracce a caso, tanto per non brancolare nel buio? Ira, Gula, Invidia e Subicio, ma le cito giusto per, dato che la qualità media dell'intero disco è realmente elevatissima.
Ecco, qualità è un altro termine che risulta parecchio centrato ora che ci penso.
Qui abbiamo semplicemente una proposta di qualità.
Non è innovativa? Vero.
Non è metal? Verissimo.
Non è per veri credenti e anzi per molti sfiora l'eresia anche solo parlarne? Più vero del verissimo.
Però a volte si può fare anche un passo oltre, o meglio di lato, o meglio ancora indietro.
Non è mica peccato.
Recensione a cura di
diego