Secondo album per i libanesi
Turbulence, il primo per la nostrana
Frontiers, ed è un bell'ascoltare! La band fa del prog-metal più tecnico ed elaborato il suo marchio di fabbrica, ma le strutture che predilige sono intricate e incatenate fra di loro, così che potreste considerare le 8 tracce di questo "
Frontal" come un'unica, lunga suite, in cui si alternano con sapienza atmosfere, bpm e un mare di creatività.
La partenza è affidata a "
Inside the Gage", e fin da subito ci accoglie una sezione strumentale di altissimo livello, che sceglie di suonare moderno e di portare avanti i temi musicali in maniera inusuale, praticamente scambiandoli di posto tra le partiture dei vari musicisti; la produzione è molto 'tagliata', per cui sentirete spesso chitarre e sezioni ritmiche scariche di medi, spazio di frequenza su cui invece lavora la voce di
Omar El Hage, che non riesco ad assimilare a nessun altro cantante, visto che predilige assecondare il proprio timbro sonoro e farne vessillo, invece di tentare di scimmiottare colleghi più blasonati.
Questo è un di quei dischi che sono obiettivamente difficili da recensire, perché vorrei farvi ascoltare un po' di tutto, per riuscire a rendere l'idea di che tipo di prog facciano i Turbulence; per amore della sintesi, potrei citarvi gli
Haken tra i gruppi 'nuovi', ma il discorso qui si elabora con rasoiate sulle sette corde, accenni di blast beats e poi momenti rarefatti (la sola "
A Place I go to Hide" vale il prezzo del biglietto), e testi mai banali, che inseguono una storia, la vicenda di un 'io narrante' che vi accompagna per tutto l'album.
Creatività, insomma, e originalità. Con quello che ci passa in redazione ultimamente, amici miei, ci metto la firma col sangue. Interessanti.
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