Verso la fine? Ovviamente no; per gli inglesi
Memoriam, alfieri del death metal senza concessione alcuna è da incidere nella pietra (tombale?).
Si perché il quartetto è il cantore apocalittico di un mondo in disfacimento con una critica acida ai comportamenti umani.
Ecco che il gruppo torna a due anni di distanza da “
Requiem For Mankind”, chiudendo sia la trilogia iniziata col debut nel 2017 che con l’etichetta che li ha accompagnati e debuttando per la
Reaper Entertainment.
Chi si aspetta un cambiamento di rotta dopo il cambio di label si vede che non conosce assolutamente la volontà di
Karl Willets e soci; una coerenza granitica nel procedere compatti nella tradizione.
Questo nuovo disco si apre con “
Onwards into battle” ed è significativo l’inizio potente e senza compromessi.
Chitarroni lividi con un riff che più vecchia scuola non si può e cadenze doomy con il vocione del buon
Karl a scartavetrare il tutto; brano possente e pesantissimo.
Invece con la tellurica “
This war is won” si va veloce e c’è il rischio che ci si spezzi l’osso del collo a furia di headbanging.
I nostri vanno velocissimi con chitarre serrate e taglienti; il chorus è ripetuto più volte nel cambio di tempo cadenzato impregnato da un’atmosfera inquietante generata dalle chitarre.
“
Failure to comply”, inizia con un ammonimento registrato per poi ecco arrivare lo stop and go che apre all’up tempo arrembante e serrato.
La formazione macina riff come un bulldozer e non va per il sottile; ci sono anche cambi di tempo con brevi aperture melodiche da parte del singer britannico per poi tornare a ruggire.
La titletrack è uno dei picchi del disco; grande attacco percussivo su un tappeto atmosferico da apocalisse generato dalle chitarre minacciose.
Qua si sente la classe degli inglesi e l’esperienza maturata con band del calibro di
Bolt Thrower e
Benediction; cambi ritmici senza sosta e un alone di pesante, presenza che ti schiaccia e comprime l’anima senza uscita.
La conclusiva “
As my heart grows cold”, è doom/ death metal puro con quel quid malinconico che solo gli albionici sono in grado di offrire.
Brano sorretto alla grande da tutta la band che procede unita con un muro di suono grezzo e amaro nella sua aggressività.
Un grande ritorno che non cambia di una virgola l’andazzo e che fa di questo quarto capitolo una delle migliori uscite per il momento a mio modesto parere.
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