Copertina 6

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2021
Durata:21 min.
Etichetta:Indipendent

Tracklist

  1. DESERT WARRIOR
  2. EAT ME ALIVE
  3. EVIL WINS
  4. POWER OF THE PYRAMIDS

Line up

  • Reptile Anderson: vocals, bass
  • Stevie “Broke” Whiteless: vocals, guitars
  • P.J. “The Butcher” La Griffe: drums

Voto medio utenti

Tornano sulle scene i canadesi Sandstorm, che dopo un EP rilasciato nel 2019, “Time To Strike”, dalle tinte fortemente NWOBHM, ne pubblicano un secondo all’inizio di questo 2021. E di “Desert Warrior”, questo il titolo della release, va subito detto che non si discosta molto dal sound che i Sandstorm ci avevano presentato due anni fa.

Introdotto da una copertina a dir poco aberrante, “Desert Warrior” ha una durata più ridotta, stavolta con soli 4 pezzi anziché 6, e come detto presenta a grosso modo le stesse sonorità mostrate precedentemente, con un heavy metal classico al quale si aggiungono sfumature Epic qua e là. Si viaggia fra il mid tempo della Titletrack, che si lascia ascoltare ma non riesce mai veramente ad ingranare , alla più veloce “Eat Me Alive”, che richiama le sonorità acerbe dei debutti di varie band come Accept o Saxon. Pur risultando orecchiabile e coinvolgente in certi tratti, grazie anche ad ottimi assoli da parte del chitarrista Stevie “Brokie” Whiteless, la band non riesce mai a mettere definitivamente il piede sull’acceleratore risultando pienamente convincente. Va meglio con le finali “Evil Wins” e “Power Of The Pyramids”, con la prima che in più di un’occasione richiama a sé i primi Manowar, più battaglieri ed epici, mentre nella seconda sembra di sentire echi di Mercyful Fate, non raggiungendo però quel livello di qualità, a causa di una voce poco carismatica e delle chitarre che mancano costantemente di aggressività.

Non mi sento di bocciare i Sandstorm, perché nonostante tutti i difetti la passione e la voglia di fare si sente, ma se in un prossimo futuro la band vorrà fare il cosiddetto salto di qualità, dovrà innanzitutto separarsi dai troppi richiami a band del passato, affidarsi a una produzione più consistente e perché no? Anche degli artwork più di impatto e meno agghiaccianti potrebbero essere un ottima scelta.
Recensione a cura di Francesco Metelli

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