Gli Spell Forest sono una vera sorpresa, provengono dal caldo Brasile e suonano un glaciale e funereo Black Metal. Crediate non sia possibile? Vi dico sin da ora che vi state sbagliando di grosso, non siamo ne dinanzi una clone band dei Sepultura, ne tanto meno davanti ad un gruppo di incapaci. Questi amabili ragazzi l'hanno studiata bene la lezione del Black Metal Europeo, ed ecco quando meno te lo aspetti Lucifer Rex, un platter devastante e ricco di spunti personali. Se proprio bisogna scendere nel particolare non si possono non andare a chiamare in causa certi arrangiamenti tipici degli Emperor più monumentali, soprattutto per quanto riguarda le parti di tastiera, come inoltre è forte un certo ascendente di matrice Dark Funeral nella struttura dei riffs più ferali e taglienti, ma in questo caso si potrebbe fare un riferimento in generale a un po' a tutta la scuola Svedese del settore. Non posso negare come all'inizio nutrivo un certo scetticismo nei confronti più che altro per la provenienza degli Spell Forest, nulla contro il Brasile sia chiaro, anzi. Ma è innegabile come con gli anni l'immaginario del Black Metal si sia consolidato nel vecchio continente, vuoi per ragioni storiche, per la maggioranza di bands che lo suonano e anche per una certa politica delle etichette che spesso porta a non rischiare l'investimento di mezzi e denaro in complessi musicali provenienti dai confini prestabiliti. Ben vengano quindi prodotti simili, un po' come sta succedendo ultimamente negli USA, una nazione che lentamente si sta svegliando da un letargo fatale per portare alla luce ottime realtà Black Metal. Ma torniamo ora ad analizzare nel dettaglio questo ottimo e brutale Lucifer Rex, i pregi maggiori risiedono senza dubbio in una produzione precisa e potente, ma mai invadente, il giusto risalto per brani come When Only Vengeance & Hate Prevails e Pride In Lucifer's Worshipping, canzoni dove l'irruenza e l'arroganza di certi riffs la fa da padrona. Melodie sempre fluide e memorizzabili quindi, ma non per questo scontate o banali, anche se per il mio modesto parere il quid che dona qualità e spessore a questo album è il meticoloso lavoro svolto dietro i tasti d'avorio, con quel suo flavour cupo e mortifero, a tratti opprimente. Da qui emergono la lunga ed epica Ritual Of Mountain's Forest, il miglior episodio del disco è fuori da ogni dubbio, oppure come non chiamare in causa Throne Of Skulls, semplicemente una montagna nera che frana su tutti noi. Dopo i complimenti, le critiche, qui tutto quello che luccica non è oro, mi sto appellando ad un immaginario e a un concept lirico troppo forzato e banale, basta dare una fugace letta ai testi per rendersi conto di come certe tematiche nel 2007 non facciano veramente più paura a nessuno. In conclusione siamo davanti un Lp dal punto di vista musicale/artistico decisamente ottimo e sopra la media, da quello concettuale decisamente sotto.
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