La nuova “mirabolante” fatica della one man band russa
Hovert mi ha messo in seria difficoltà … mi ha scosso la coscienza di vecchio recensore e agitato in me molti dubbi … perché? Semplicemente perché ho avuto la “professionale” idea di voler confrontare la mia impressione con quella di altri colleghi del web … tutto questo per dirvi che, mi spiace per voi giovani (beati voi) ma non è elargendo giudizi educati, gonfiati e ingannevoli che farete il bene della nostra amata musica, anzi in periodo di forte saturazione del mercato, solo una sana “selezione naturale” è ciò che ci salverà dalla deriva sonora … Il qui presente
“Omyt” è il terzo (??) album per questo progetto d'ispirazione atmosferico/depressiva … o almeno questo credo sia l'intento del mastermind
Alevert (alle prese anche con i fondamentali
Art Of Mortal, di cui tuttora “osanniamo” il fondamentale
“Sohnmerstredt” …) , dico credo, perché, ascoltata la pochezza della proposta, mi viene veramente da dubitare su tutto … Se l'intento “atmosferico” si limita all'orribile scopiazzatura di palese ispirazione burzumiana (possa il Maestro perdonare l'inettitudine di questo inutile seguace) di
“Pendulum I” (tanto per citarne una, ma potrei pescare a caso dalla tracklist) e la parte depressiva alle sguaiate grida che “impreziosiscono” i 6 pezzi, beh allora lasciamo perdere tutto e dedichiamoci al “sole-cuore-amore” della peggiore tradizione italica … troveremo più ispirazione artistica e genialità lirico/musicale … Non vado oltre per non tediarvi con insulti vari e ed eventuali che meriterebbe quest'opera di infimo livello … Se avessi voluto parlarvi di una parodia del depressive black metal, sia dal punto di vista “compositivo” che esecutivo e lirico , beh, vi avrei senz'altro portato come “magnifico” esempio
“Omyt”, ma almeno l'intento sarebbe stato chiaro, onesto, dichiarato e perfettamente riuscito … La pessima registrazione, molto più adatta ad una proposta raw and traditional, dimostra come ci sia veramente molta confusione dietro questo “progetto” … non me ne voglia la pur discreta Talheim records, ma quest'album mette in cattiva luce tutto il loro roster che seppur non eccelso o di riferimento ha sempre saputo difendersi dignitosamente. A mai più risentirci.
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