Gli inglesi
Ninkharsag sono un gruppo in cerca della propria identità.
Se, infatti, nel loro
esordio si rifacevamo, come giustamente rilevato dall'ottimo Cafo, ai maestri norvegesi dei prima anni '90 proponendo un black metal di matrice oscura e molto cruda, adesso, in occasione del nuovo
"The Dread March Of Solemn Gods", l'attenzione del quartetto si sposta in direzione Svezia ed il risultato è un album
fortemente influenzato dai maestri Dissection, già a partire dalla copertina, fino ad arrivare a Necrophobic e ultimi Naglfar che, in ogni caso, del gruppo di Jon Nodtveidt altro non sono che, validi, epigoni.
Dunque, come dire, niente di nuovo sotto il sole, o sotto la neve, fate voi.
La personalità dei
Ninkharsag, a questo punto, non è ben definita e, probabilmente, non lo sarà mai: in altre parole, siamo di fronte ad un gruppo senza dubbio valido, l'abilità tecnica è palese, capace di comporre un album "formalmente" perfetto, tagliente, oscuro, ben bilanciato tra melodia e ferocia, e dal suono nitido e cristallino, ma il tutto sa di già sentito ed il rifarsi alle strutture di "The Somberlain" o "Storm of the Light's Bane" troppo ingombrante per non diventare un difetto anche troppo evidente.
Ora, è chiaro che gli amanti del suono estremo svedese degli anni '90 difficilmente saranno delusi da
"The Dread March Of Solemn Gods", ma è altrettanto chiaro che i nostri, con molta probabilità, resteranno degli onesti mesterianti piuttosto che un gruppo di punta, cosa, quest'ultima, che, con i tempi che corrono, non è necessariamente un male considerando la genuinità di musicisti che, evidentemente, suonano con il cuore e non con l'occhio al portafogli.
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