Potrei recuperare la recensione fatta per
“Jord”, ricopiarla pari pari sostituendo i titoli delle canzoni con quelli del qui presente
“Pastoralia” e probabilmente avrei già finito di trattare l’ultima fatica discografica dei
Jordsjø.
Provo comunque a entrare un po’ più nel dettaglio.
Il duo norvegese ha una sincera passione per quelle sonorità tanto celebri tra la fine degli Anni Sessanta e la prima metà degli Anni Settanta, con influenze che spaziano dai Gong più spigolosi ai Jethro Tull “flauto-centrici” di Ian Anderson, passando per il folk bucolico dei Fairport Convention e le melodie da filastrocca dei Caravan, il tutto impreziosito da un accessibilissimo idioma locale.
Ma siamo nel 2021, e ho già avuto modo di dire che sono pochi, a mio avviso, quegli album dove il risultato non è solo mero tributo - o plagio, dipende dai punti di vista - ma anche il frutto di una rielaborazione più profonda (in tempi "recenti" penso a
Rosalie Cunnigham, ai
Bigelf o ai
The Alligator Wine), e non mi sento di annoverare
“Pastoralia” tra questi lavori così convincenti.
Volete fare un salto indietro nel tempo senza pensarci su troppo? Allora
“Pastoralia” è il disco che fa per voi. Gli altri guardino pure altrove.
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