Troia brucia! Gridavano nel capolavoro di
Omero “
Iliade” alla fine della tragica opera, così il simbolo francese della cristianità, ovvero Notre Dame, prese fuoco recentemente nel 2019.
Ecco che i
Seth hanno voluto per il loro ritorno discografico una copertina ispirata a questo fatto per farsi sberleffo ed essere giudici implacabili della fine della religione cristiana.
Questo album è una vera perla; un disco dove il black metal diviene elegante, sinfonico, tragico ma mai perdendo di vista il suo stile feroce, blasfemo e malvagio.
Perché i francesi, hanno scritto il disco che i
Dimmu Borgir non saprebbero più scrivere, perché troppo impegnati a inseguire discutibili mode moderniste oppure perché non hanno più penne valide.
Questo è da dire, il disco che ho fra le mie mani è uno dei possibili top album di fine anno.
Non solo per la qualità del materiale, ma soprattutto per la volontà di scrivere un album drammatico ma senza per questo dimenticarsi da dove si proviene e cosa si suona.
Basta la titletrack che apre il lavoro per capirne la portata, una bordata che mischia abilmente ferocissimo black metal con bagliori epicheggianti, melodici e cambi di tempo ma senza per questo annacquare la formula.
La seguente “
Metal noir” è un pezzo epico, nera cavalcata condotta dalle vocals graffianti e colme d’odio e con attacchi irosi in blast beat.
Le tastiere fanno capolino ma la parte del leone la fa la band nella sua totalità in questo affresco con cori puliti a esaltare il ritornello.
Che dire poi di “
Ex-cathédrale”; nero sputo acido sulle mura infuocate del tempio divino parigino con superba e malsana goduria.
Bagliore musicale e sonoro di grande impatto tra sfuriate al calor nero e ritmi più ragionati sempre condotti da trame chitarristiche melodiche e taglienti.
Uno dei gioielli di questo grande album è a mio modesto parere è la penultima traccia; partenza quasi prog ad alto tasso emotivo per poi ecco arrivare il ferale blast beats e le declamazioni del frontman.
Brano che tramite i riff in tremolo e le tastiere fanno toccare con mano il sapor tragico e drammatico delle melodie generate dagli strumenti, con una cavalcata a inframezzare il tutto; provate ad ascoltare la parte acustica arpeggiata e la coda malinconica sul finale e mi direte.
Un disco fatto di soli sette brani ma di tanta sostanza, dove le tessere di questo puzzle a tinte fosche combaciano tutte in un quadro ardente e colmo d’odio, sipario.