One man band.
Norvegia.
Alberi in copertina.
Chiare influenze di Darkthrone, Burzum e Ulver che furono.
Operazione nostalgia?
Senza dubbio alcuno.
"Som Vinden Farer Vil", esordio per
Ildfar, è nostalgia per il black metal dei primi anni '90 e tra le sue note non troverete nessuna innovazione o originalità.
Il metal estremo, che sia death o black, dicono, è musica adolescenziale, una musica, cioè, che, una volta cresciuti, si abbandona per evolversi verso altre forme espressive, magari adulte e frutto di maggiori conoscenze, non solo tecniche, dello spartito musicale.
Tutto condivisibile, per carità, ma io penso una cosa molto diversa e, se vogliamo, più lineare: a prescindere da quello che si vuole suonare, l'unica cosa che conta davvero è saper trasmettere qualcosa a chi ti ascolta.
Un musicista, sostanzialmente, deve saper emozionare.
Allora, scusate la parola, vaffanculo agli intellettuali e a chi perde tempo a "spiegarci" la musica.
"Som Vinden Farer Vil" è un album meraviglioso.
Meraviglioso perché, almeno per me, trasmette emozioni, mi fa perdere contatto con il mondo circostante, mi fa sognare, aiuta il mio animo a godere della vera magia della musica.
Badate bene, poteva essere anche un lavoro di Synthpop ed il concetto non sarebbe cambiato.
A noi non interessa il "mezzo" espressivo, interessa solo, e sempre, l'essenza della musica.
Ildfar, che per inciso ha iniziato la sua carriera nel 1994, è un artista che ci fa rivivere un suono immortale, un suono che, depurato dell'inutile contorno di chiese bruciate o atti criminali, ha cambiato il mondo del "metal" con un approccio rivoluzionario, visionario, scardinante, violentissimo e primitivo, un approccio, cioè, che ha certamente lasciato il segno sia in un determinato periodo storico, sia per l'influenza che, ancora oggi, dopo quasi trenta anni, sa esercitare.
Dunque, anche se le note di questo capolavoro vi riporteranno ai nomi che vi ho fatto all'inizio, sebbene
Favn, l'uomo dietro al progetto, arricchisca la proposta con una vena pagana / epica / melodica che conferisce all'album un taglio personale, a noi importerà solo della elevatissima qualità di
"Som Vinden Farer Vil" e dei sui brani misantropici, spesso spietati, affascinanti come lo spettacolo, maestoso, della natura selvaggia, ricchi di melodie stupefacenti e di riffing tanto gelido quanto poetico, brani nei quali
Favn urla la sua rabbia in modo primordiale o ci accarezza con soluzioni di tastiera esaltanti nella loro geniale semplicità, regalandoci, dunque, un perfetto connubio di nero ed armonie arpeggiate che definiscono un quadro di sensazioni che sono IL Nord ed il suo fascino.
Se non capite il valore di questa forma musicale, o, peggio, se la ritenete "ridicola", girate al largo da
Ildfar e dalla sua musica ormai superata e registrata senza il supporto di producer di grido.
Se, invece, come me avete scoperto il metal negli anni '80 ed avete, poi, vissuto in diretta la rivoluzione norvegese del black metal, allora non esitate un attimo e fate vostro questo gioiello.
Gli intellettuali della musica, beati loro, restino a casa a perdersi in inutili elucubrazioni.