Gli Atman suonano rock alternativo e lo fanno maledettamente bene.
Le loro composizioni, pur conservando sostanzialmente le strutture caratteristiche del genere, non sono mai smisuratamente derivate e, a differenza di quelle offerte da tanti altri frequentatori del medesimo ambito stilistico, riescono a non perdere mai di vista la componente melodica senza renderla troppo “facile” o eccessivamente melensa.
Malinconiche o grintose, le canzoni del quartetto nostrano conquistano grazie ad una qualità sempre più rara in una scena che spesso si limita a riprodurre acriticamente schemi ampiamente consolidati: la facoltà di rendere emotivamente partecipe l’ascoltatore e altresì di sedurlo con quella vocazione “pop” comunque ben lontana da una forma di asettico adagiamento mainstream.
Impulsi noise, psichedelici, post-punk e grunge solcano al contempo la proposta degli Atman, nella quale potrete riscontrare riverberi di Velvet Underground, Lou Reed (non è un caso la bella cover della sua “Perfect day”), Smashing Pumpkins, Afghan Whigs, Weezer, Placebo e qualcosa, volendo rimanere in Italia, di una delle realtà musicali più importanti e seminali del rock di casa nostra, quegli Afterhours con i quali condividono la capacità di creare atmosfere ammalianti e di realizzare veri e propri piccoli incantesimi sonori.
I riferimenti succitati devono essere considerati come semplici “orientamenti” e in ogni caso valutati più come gli elementi costitutivi di un bagaglio di conoscenze, che non come modelli “invadenti” e monopolizzanti, dacché i ragazzi toscani, guidati dalla voce intensa e carismatica di Devid Winter, manifestano costantemente una significativa personalità e dimostrano l’indubitabile talento un po’ in tutto il disco, anche se personalmente sono stati “Wonders”, “Tired”, il singolo (e video) “Oh no!”, “An autistic way to live”, “The sky in the night” e “Suicide” i numeri a riservarmi le migliori vibrazioni.
Un disco molto bello, prodotto e registrato ottimamente e pure gratificato da una gradevole veste grafica tra il “naif” e “l’inquietante” che concede ancora una speranza per l’alternative internazionale … e tengo a porre l’accento sul concetto “internazionale”, perché al momento, in questo convulso e stipato universo musicale non sono in molti, almeno per quanto mi riguarda, a poter sovrastare i nostri Atman, nemmeno estendendo lo sguardo ben oltre i patri confini.
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