Gli Animosity sono una giovanissima band deathcore di San Francisco, la quale esordì nel 2003 con “Shut It Down”, all’epoca del quale, la band, aveva un’età media attorno ai 15 anni. Stiamo parlando quindi di ragazzi precocissimi, i quali però, pur tuttavia, dimostrano in questo secondo “Empires” di non essere degli sprovveduti, bensì davvero in gamba, riportando alla mente quanto già fatto in ambito europeo dai polacchi Decapitated.
I nostri hanno capito un bel po’ di cose, partendo da un death metal brutale, l’hanno deturpato, grindizzato, imbastardito con l’hardcore, costruendo letteralmente pezzi corti ed immediati, pieni di cervellotiche ritmiche e cambi di tempo, con un riffing crunchy e vocals abrasive e profonde, le quali spaziano dal growlin’ allo screamin’.
Il risultato è forse già sentito, almeno nella categoria del death metal contaminato, però stupisce la maturità compositiva della band, per certi versi smaliziata. Avrebbero potuto strafare, per stupirci ancora di più, invece hanno scelto di dare alle stampe un disco “giusto”, giudizioso, con criterio, dove pezzi come “The Black Page” e “Manhunt” picchiano duro, mostrando una brutalità trasversale a diversi generi, non ultimo il thrash metal, oltre a quelli succitati.
È inutile che vi dica che dal punto di vista tecnico la band ci sa fare alla grande, anche se qualche imperfezione da smussare c’è, magari cercando un sound più fluido, una scrittura più progressiva.
In attesa di un nuovo disco, che dovrebbe uscire tra non molto, è d’uopo godersi questo pregevole esempio di death metal moderno e con i controcoglioni.
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