Gli statunitensi, ma trapiantati in Messico,
Majestic Downfall sono diventati una solida certezza in ambito death/doom. Forti di una costanza di rendimento e in una pubblicazione a cadenza regolare di un album ogni due/tre anni circa, il quartetto giunge con “
Aorta” alla sesta uscita sulla lunga distanza di una onorata carriera.
Precisiamo fin dall’inizio che “
Aorta” non è un lavoro immediato e che alle quattro canzoni, o forse è meglio dire le quattro suite tenuto conto che si raggiungono quasi settanta minuti di ascolto, che lo compongono va dedicato il giusto tempo per poter esser completamente assaporate nelle loro sfaccettature.
Il death/doom crepuscolare, autunnale, dei
Majestic Downfall è costruito su tempi dilatati, e su linee di chitarra lunghe e malinconiche, un sound debitore della scena inglese degli anni 90 (
Anathema e
My Dying Bride) che poi si sviluppa in parti più dinamiche in cui la sensazione di triste penombra viene sostituita da qualcosa di più opprimente, ossessivo che ammicca in maniera palese al depressive.
Se si vuol cercare un fil rouge che unisce le quattro tracce, questa deve esser ricercata nella muta disperazione che spazza via qualsiasi barlume di speranza nel viaggio lungo quanto la stessa esistenza. La lenta, pachidermica, avanzata del sound dei
Majestic Downfall non lascia spazio a redenzioni di sorta che possano elevare lo spirito, se possibile questo viene ancor più caricato di un pesante fardello da portare in passi lunghi e stanchi.
Se sentite il bisogno di ascoltare qualcosa di intimo, lontano dagli abituali caterpillar frantuma pareti, in “
Aorta” troverete l’angolo buio in cui rifugiarvi.
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