In quell’annata infausta che è stato il 2020, nonostante tutto, abbiamo avuto delle piccole, grandi gioie a livello di uscite discografiche.
Ma come ogni anno ci sono sempre quelle sorprese inaspettate da quelle realtà underground o di nicchia che con il loro primo lavoro si conquistano già una certa attenzione. Ecco, il primo disco solita di
Alberto Piccolo dei
MESSA è questo: il perché è dettato dal fatto che l’attenzione e il successo che sta ottenendo è assolutamente meritato, vista la qualità che emanano i solchi di questo "
Swamp King".
Dimenticatevi i
MESSA: non troverete né la graziosa voce di
Sara, né i chitarroni Drone/Doom opprimenti, gli innesti di Sax, quelle atmosfere così misteriose o concept arzigogolati al suo interno, bensì avrete tra le mani un album nemmeno tanto lungo, di Blues Rock dalle tinte Hard e Psych parecchio riuscito.
La title track fa partire il disco in maniere lenta e soffusa, elegante e dimessa: se non fosse per la registrazione moderna (ma sporca al punto giusto) potrebbe benissimo provenire da un classico Blues degli anni ’30/40. Già da subito a stupire è il timbro vocale di
Alberto Piccolo: dopotutto conosciamo bene la sua abilità come chitarrista, ma come cantante era un’incognita.
Si prosegue poi con una cover e la seconda canzone è "
Bridge of Sighs" di
Robin Trower (chitarrista storico dei
Procol Harum) e qui la vena psichedelica prende forza e coraggio: il riff portante è molto acido e l’andatura lisergica della sezione ritmica non fa che aumentare il senso di trip.
"
Mean Old Woman" è un altro pezzo parecchio malinconico e nostalgico, graziato oltre dall’ottima prova solista di
Alberto esaltata da suoni caldi e avvolgenti, in questo sound d’altri tempi che vede esplodere le influenze Blues che egli dà al sound della band madre.
Ad aprire la seconda parte del lavoro ci pensa un pezzo strumentale. "
Blues Asteroid" è un sensuale Blues dalle tinte notturne, peccato solo che si poteva osare un po’ di più per dargli un taglio più psichedelico che avrebbe reso onore al suo titolo.
Si arriva ora all’ultimo inedito di
Little Albert e per chi vi scrive l’apice assoluto di questa prova solista: "
Maryclaire". Un pezzo sofferto e struggente, da ascoltare al buio: qui è la vena rocciosa e grintosa tipicamente Hard Rock a dare forza e vigore al pezzo. Inoltre nella parte solista finale gli assoli di chitarra vengono sballottati tra i vari canali audio, “rimbalzo” che dà un piacevole senso di smarrimento.
Si arriva quindi alla sesta canzone, la convincente reinterpretazione di "
Outside Woman Blues" di
Blind Joe Reynolds (nel corso degli anni omaggiata pure da titani del Rock come
Jimi Hendrix o i
Cream) viene rinverdita dalla verve del Rock e da un ritmo saltellante.
E come brano bonus per le edizioni digitali e in vinile dell’album ecco che arriva un altro classico del Blues: parliamo di "
Hard Times Killing Floor Blues" di
Skip James ed abbiamo l’unico pezzo semi acustico del lavoro. Grazie al tocco Rock/Hard Rock/Psych si ha quel quid in più, con piccoli innesti di chitarra elettrica che danno una sfumatura più fangosa e meditativa al pezzo, mostrando grande passione per questo genere.
Qualche piccola considerazione: innanzitutto è giusto ribadire che questo è un lavoro molto valido e che fa ben sperare per una carriera parallela del Nostro nei quali veste i panni da Bluesman.
Gli assoli di chitarra rappresentano la cosa più riuscita di questo disco, ma pure il basso di
Mattia Zambon e la batteria di
Christian Guidolin contribuiscono attivamente con un amalgama sonoro che è si spesso minimale e dimesso, ma vario al tempo stesso. A ciò aggiungo che il basso ha un suono bello rotondo e corposo e la batteria ha un suono secco e diretto ed ecco che abbiamo un flusso sonoro placido ed ipnotico.
C’è da dire che chi si aspetta qualcosa di pesante e oscuro o comunque moderno e innovativo deve girare al largo perché qui non troverà pane per i suoi denti: le sensazione che "
Swamp King" vuole dare sono diverse. .
Ma quello che conta più di tutto è che questo Blues dai contorni Rock e velatamente psichedelico, come ogni buon disco del genere sa toccare le corde dell’anima.