Excursus / MESSA - La nuova frontiera del Doom Metal tra Drone, Jazz ed esoterismo

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Pubblicato il:07/02/2022
In attesa del loro terzo album in studio che uscirà per Svart Records, ci apprestiamo a parlare di questa band veneta, da Cittadella, che con appena due album ed un paio di split, grazie alla sua proposta fresca e personale, si è fatta notare a livello nazionale ed internazionale, consentendo a questi cantori oscuri di partecipare tra le altre cose pure al Roadburn Festival.

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Il Doom Metal come abbiamo visto a più riprese è un genere che raramente ha trovato un reale riscontro commerciale: giusto i padri di questo universo musicale i Black Sabbath o i Candlemass ed in parte pure band successive come i Moonspell, Type O Negative, Katatonia e quella che venne soprannominata "triade della Peaceville Records" (Anathema, Paradise Lost e My Dying Bride) sono riusciti in parte ad averlo, senza dimenticare il caso più unico che raro dei Down, nel quale il passa parola dei fans fece un piccolo miracolo.

Paradossalmente, proprio il fatto di trovarsi spesso e volentieri in penombra e per giunta trovandosi pure a suo agio in questa situazione, ha dato al "Metal lento" un'insperata e insospettabile longevità artistica. Senza contare come ormai il genere sia pure diventato influente all'infuori dei lidi prettamente Metal andando a colonizzare la scena Indie e non solo, con artisti come Chelsea Wolf, Anna Von Hausswolf, P.J. Harvey, The Kilimanjaro Darkjazz Ensemble o i Bohren & Der Club of Gore.
Dopo questa premessa direi che possiamo finalmente andare ad inoltrarci in questi lidi plumbei e ricchi di fascino, nei quali l'esoterismo rapisce il Jazz per ammaliare il Doomster con una proposta musicale che come un buon libro stimola la mente ed è cibo per l'anima.

Genere:
Doom Metal

Periodo di attività:
2014 - ancora in attività

Cominciamo dicendo che il background musicale di questi quattro ragazzi stupisce parecchio: la novella sacerdotessa delle tenebre Sara che con la sua voce ora morbida e delicata, poi sfrontata e vigorosa suonava il basso nella band Deathgrind italo/colombiana Restos Humanos dal 2013 oltre a prestare la voce nel progetto Psych/Folk dei Sixcircles, questi ultimi protagonisti di un paio di live report di questo portale. Mark Sade dal canto suo invece nei Sultan Bathery ci dava dentro con un Garage/Rock 'N Roll sulla scia dei The Eagles of Death Metal seppur velatamente psichedelico, mentre con i The Sade si va su un Garage Rock crepuscolare e decadente. Alberto Piccolo invece oltre ad essersene uscito lo scorso anno con un disco Blues Rock solista, fa parte de Glincolti con il loro Progressive Funk strumentale ironico e fantasioso, oltre alla recente Solo Band vicina al Pop/Funk anni '70. Ed ora è il turno di Mistyr: il batterista è quello che ha (forse) il background più vicino alla band madre, facente parte nei Nox Interitus con il loro Black Metal feroce e grezzo e nei più melodici e atmosferici Sterbenzeit.









Questi ragazzi non erano gente alle prime armi quando nel 2014 andarono a formare i MESSA, ma avevano già qualche esperienza sulle spalle e come abbiamo visto poc'anzi delle esperienze musicali abbastanza diverse da quelle che andranno a tessere il loro sound. Per il loro debutto comunque bisognerà pazientare per un paio di anni ed ecco che nel 2016, tramite la Aural Music esce "Belfry".
E dietro ad una bellissima fotografia usata come copertina (da gustarsi in formato vinilico e con un significato profondo che vede la natura prevalere sempre sull'uomo e che dovrebbe spingerci a riflettere) finalmente parliamo di ciò che ci piace di più: ovvero della musica.
La musica che compone i cinquantacinque minuti del loro esordio è sicuramente fresca e coraggiosa, con un leggero calo nella seconda parte che va a parare su stilemi più classici, mentre nella prima metà del disco a tratti si rischia già di sfiorare l'eccellenza. Guardando la tracklist notiamo subito una peculiarità: ovvero la presenza di quattro canzoni strumentali che con l'ascolto si scopre essere dei semplici preludi Ambient (due dei quali fatti dall'elettronica di Yakamoto Kotzuga) che ben si adattano a dare quella sensazione di suspance per quello che verrà dopo.
Come detto precedentemente la prima metà è parecchio riuscita e già dalle prime bordate Drone di "Babalon" abbiamo un'ottima impressione del pezzo che viene usato come singolo di lancio. Dopo l'intermezzo atmosferico di "Faro" giunge la coppia di "Hour of the Wolf" e "Blood" che da sole valgono il prezzo del biglietto e nelle quali questa giovane band tocca già l'eccellenza. Oltre alla voce sensuale di Sara che ha una timbrica vagamente Soul o i Droni incensanti di chitarra, abbiamo delle scelte molto vicine al Blues/Jazz in ambito solista da parte di Alberto Piccolo con la sua sei corde, cosa rafforzata dal sassofono presente in "Blood", mentre dietro alle pelli Mistyr non si tira certo indietro quando si tratta di dare botta e vigore alle ritmiche di "Hour of the Wolf".
Tutto ciò dà un'atmosfera e un sapore parecchio particolare, da lume di candela, incenso e lettura di chissà quale testo profano ad accompagnare un misterioso rituale occulto.
La doppietta "New Horns" e "Outermost" pur trattandosi di pezzi apprezzabili, non sono altrettanto riusciti per via di sonorità decisamente meno coraggiose e più classiche.
E come conclusione i MESSA ci mettono l'unica ballata del disco, una canzone acustica voce e chitarra dal titolo "Confess" che dà un po' di respiro all'ascoltatore con le sue dolci melodie.



Un esordio decisamente ispirato e ambizioso, con spunti decisamente positivi che mostrano chiaramente le enormi potenzialità della band veneta. Non solo l'esoterismo, ma pure il mistero e l'inquietudine che esso comporta sono cose che ben si riflettono nel Doom Metal.
Una bella abitudine che nell'underground non è mai stata dimenticata è sicuramente quella degli split album ed ecco che sempre nel 2016 i MESSA insieme ai rocker Breit fanno un piccolo 45 giri.
"Enoch" è un pezzo onesto e ben riuscito, misterioso e tenebroso che vede una massiccia dose di riffs sabbathiani a tappezzare la base sonora alla voce magnetica di Sara, che con semplicità ed efficacia pennellano queste atmosfere. Una piccola curiosità del pezzo e che lo lega al mondo dell'occulto come spiegato nella confezione dello split deriva dal fatto che esso prende ispirazione dalla numerologia dell'antico testamento: il riff principale del pezzo è costruito attorno al numero dieci (nello specifico sette più tre) e altra nota è che ciclicamente viene usato l'intervallo tritone (Sol - Re b - Re) che in epoca medioevale era conosciuto come Diabolus in Musica.



Entrambe le band sono sotto la stessa casa discografica ed entrambe fanno parte di quel filone che vede l'uso della voce femminile all'interno del Rock che da un lato è classico, ma dall'altro invece guarda a nuovi linguaggi musicali per rinverdirlo.
Dietro al titolo fosco e minaccioso di "Seven Ravens" dei misconosciuti Breit, band tedesca più vicina al Rock Psichedelico, fanno anch'essi un pazzo valido nel quale la voce delicata della singer ben si sposa con quel riffing distorto sporcato da un suono distorto e vintage quasi da garage band ma riletto sotto una rilettura acida rivelandosi una gran bella sorpresa.
Due pezzi non molto complessi, con chitarre granitiche e voci sensuali che con disinvoltura compongono uno split decisamente riuscito.



Nel 2018 la band di Cittadella diede un degno successore a "Belfry", l'impresa non solo riuscì, ma i nostri superarono le aspettative con un lavoro che ha visto maturare la band in maniera piuttosto evidente. Ora non ci sono più gli alti e bassi del passato, ma tutto scorre liscio dall'inizio alla fine, con una serie di sussulti avuti grazie al fatto che la band ha voluto spingere sui tratti peculiari della sua proposta e sugli elementi più innovativi e originali andando a fare un sound sì accattivante, ma soprattutto molto personale, seppur mantenendo sempre delle strutture Rock oriented. Al secondo lavoro la band raggiunge una certa maturità che va ad annidarsi pure nell'ambito promozionale e nella costruzione dei videoclip. "Feast for Water" (con il sotto titolo "After the call comes the diving deep Waters of aim through sonic measure.") si presenta come un lavoro ambizioso, di grande respiro e con una certa cura per i dettagli. Le varie canzoni, che sembrano essere collegate tra loro per fare un unico viaggio sonoro di quarantanove minuti sono tutte collegate dal tema portante dell'acqua, con tanto di citazione vedica nel videoclip promozionale di "She Knows/Tulsi".
A parte l'intro "Naunet", gli intermezzi Ambient scompaiono e il Doom Metal femminile viene fuso sempre più a fondo con il Jazz, andando a dare una nuova rilettura al genere: aumentano gli interventi solisti di Sassofono (suonato da Lorenzo De Luca) e Alberto Piccolo oltre a cimentarsi con la sua sei corde usa con gran piglio il Piano Rhodes andando a maturare parecchio il sound dei MESSA. "Snakeskin Drape" è un pezzo conciso e diretto che ha tanto l'aria del singolo potente e melodico. "Leah" e "The Seer" sono un po' l'inizio di un nuovo modo di intendere questa ibridazione: parti intimiste si alternano a pesanti riffs Drone/Doom con le parti di ispirazione Jazz e gli assoli Blues oriented che puntellano i solchi di queste canzoni.
La già citata "She Knows" e "Tulsi" sono una suite unica, un viaggio in questi lidi tetri e misteriosi, con il Piano Rhodes ad essere un importante attore nell'evoluzione musicale dei MESSA che va ad esaltare queste atmosfere soffuse e notturne, con il Sassofono che dona calore e sensualità nella parte finale. Qui abbiamo l'apice del disco con dei Blast Beat improvvisi e dei scream abissali che destabilizzano. Le chitarre sono ronzose e gracchianti, dando così un netto contrasto ai suoni puliti e liquidi delle parti più melodiche e introspettive.
"White Stains" prosegue su queste coordinate seppur in maniera più dolce e femminile.
E come nel predecessore come canzone finale arriva una cosa che un po' si discosta dal resto del lavoro: se su "Belfry" vi era una ballata acustica, in "Feast for Water" con i quattro minuti strumentali di "Da Tariki Tariqat" si naviga verso il lontano oriente con atmosfere lontane e misticheggianti che chiudono in maniera pacata e riflessiva l'ambizioso concept album del gruppo.



Ed è con il secondo lavoro che i MESSA si fanno conoscere sempre di più, pur rimanendo per ora confinati sempre ad ambienti di nicchia. E subito dopo aver fatto un lavoro che li ha portati nei piani alti del Doom Metal italiano ed europeo, i nostri ragazzi veneti partecipano ad un altro split album in compagnia di Slomatics, Vokonis e Mos Generator : "The Planet of Doom - First Contact".
Dietro ad un bella copertina dalle tinte fumettistiche abbiamo uno split nel quale le quattro band partecipano con un loro pezzo inedito dai connotati parecchio classici, tant'è che ascoltando lo Stoner Rock da garage dell'opener diretta "Sword of the Sea", il Doom orientaleggiante e atmosferico di "Serpent Libido", le vigorose vibrazione Stoner/Doom di "Runa" o il Doom lisergico e velatamente psichedelico della conclusiva "Jagaer" dove il muro sonoro eretto dalle chitarre seppellisce la voce, sembra di avere tra le mani dei pezzi sbucati da delle demo fatte a cavallo tra gli anni '70 e '80 e rimaneggiante per l'occasione. Nulla di trascendentale o per il quale strapparsi i cappelli, anche se gli amanti di certe sonorità avranno pane per i loro denti in questi ventidue minuti di chitarre sabbathiane, atmosfere grevi e sonorità nostalgiche e decadenti.
Mentre nel 2021 il pezzo "White Stain" è stato incluso nella compilation "Trip to Italy" di Weedian.



Ed eccoci arrivati alla fine di questo piccolo excursus: dopotutto sei anni di vita e due album completi in studio sono poca roba, ma noi lo abbiamo fatto come introduzione al terzo album e i pezzi ascoltati allo Sherwood Festival ci fanno intuire come le sonorità del gruppo sono libere e liquide e molto probabilmente al terzo giro di giostra faranno discutere più di qualcuno.
Nel frattempo i quattro hanno fatto una certa attività concertistica convincendo parecchie persone e andando a suonare in location e festival importanti, oltre al già citato Roadburn Festival (che è il non plus ultra per tutto quello che gravita la dimensione live del Doom Metal e generi correlati) i nostri hanno ben figurato pure al Rock in the Castle o all'Hellfest, quindi il futuro è sicuramente roseo. Da poco inoltre Alberto Piccolo ha rilasciato il suo primo disco solista e questo ci dà anche la scusa per fantasticare un po' sulle possibili evoluzioni delle sonorità che potranno avere i MESSA: strutture Jazz contornate da sonorità e atmosfere prettamente Doom? Ritorno più massiccio delle influenze Ambient nel loro sound? Estremizzazione di quei Drone chitarristici? Una feroce fioritura degli accenni Black Metal? Mah, chi lo sa, ora ovviamente stiamo parlando del nulla, ma è sempre bello poter fantasticare.

Appuntamento quindi a Marzo 2022 e al terzo album "Close".



Link utili:
https://www.facebook.com/MESSAproject
https://www.instagram.com/messa_band
https://open.spotify.com/artist/6vFinMN4E9leUfcEyIIO0D
https://www.youtube.com/channel/UCnSGTv_yAuP0cO2_D8rVqPg
https://messaproject.bandcamp.com/
Articolo a cura di Seba Dall

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