Fondati da due compagni di scuola in una cittadina, Bouffémont, situata a quindici chilometri dalla capitale francese, i
Paris sono potenzialmente in grado di assestarsi su posizioni assai onorevoli nell’ambito del
rock melodico internazionale, smentendo quei pochi che ancora ritengono che per essere credibili nel settore bisogna necessariamente essere nordamericani, britannici o scandinavi.
Un “pregiudizio” che la nostra
Italietta ha contribuito fattivamente a scardinare e che i nostri, supportati da
Steve Newman (produzione,
mastering,
backing vocals),
Dave Bartlett (basso,
backing vocals),
Rob McEwen (batteria) e
Robert Säll (chitarra di Work of Art e W.E.T.), tentano di altresì d’invalidare grazie a un disco che, essendo ormai il terzo della loro carriera, è chiamato a fornire al gruppo la spinta “definitiva”.
Alla prova dei fatti, però, è difficile immaginare che “
50/50” sia effettivamente in grado di avvicinare in maniera risoluta i
Paris ai loro numi tutelari (Toto, Journey, Work Of Art, World Trade, oltre agli stessi Newman) e il timore si concentra innanzitutto sulla voce di
Frederic Dechavanne, non particolarmente entusiasmante e talvolta all’apparenza addirittura un po’ avulsa dal contesto emotivo.
Superato questo “scoglio”, non insormontabile in realtà, potrete valutare con maggiore serenità la chitarra ispirata di
Sebastien Montet e composizioni eleganti e abbastanza adescanti, copiosamente irrorate da tastiere pompose e da un apprezzabile buongusto melodico, quantunque non alimentato da “nuove prospettive” sonore e nell'insieme forse eccessivamente flemmatico.
“
Breathe in, breathe out”, “
Ashes to ashes”, “
Can’t get you out of my mind”, “
No bridge too far” e il
best in class “
Game changer”, rappresentano al meglio l’approccio alla materia della
band transalpina, capace anche, in "
Crazy over you” e “
Surrender”, d’immettere nel tessuto connettivo del programma opportune inoculazioni
hard.
“
Valentine’s day” è un bel modo, infine, per affrontare la “pratica sentimentale” e chiudere un albo discreto, che ci convince di come per esaltare le peculiarità della “buona musica”, i limiti non risiedano nella geografia ma nella capacità comunicativa, caratteristica che oggi, nonostante la giusta attitudine e un certo talento, è ancora un po' carente nella personalità artistica dei
Paris.
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