Non è un mistero che negli ultimi anni il sottoscritto sia rimasto altamente deluso, per usare un eufemismo, dagli album che il Maestro ci ha voluto donare specie dal momento in cui ha deciso che non ha bisogno di nessuno per registrare un disco: quindi non solo non ha bisogno di un produttore, un fonico, un ingegnere del suono, ma non ha bisogno nemmeno di una band o perlomeno di una band degna di questo nome, ne' tantomeno di un cantante, che tanto lui può tutto e sa fare meglio di tutti.
Questo perlomeno nel suo universo, quello che lo ha relegato a macchietta e personaggio minore del mondo del metal, un mondo che invece negli anni '80 lo ha visto protagonista assoluto e che nei '90 ha visto tanti buonissimi dischi da parte di
Malmsteen, con o senza quella Rising Force che in maniera alterna lo accompagna da sempre.
Non a caso gli ultimi lavori buoni o perlomeno presentabili sono quelli che presentano una lineup a tutti gli effetti, sebbene sempre soggiogata (ma ci sta) dalla sua ingombrante presenza, con
Tim Owens alla voce,
Patrick Johansson alla batteria ed un
Derek Sherinian seppure a mezzo servizio dal nome altisonante, ovvero "
Perpetual Flame" e "
Relentless". Dopo quel barlume di speranza, il vuoto o anche peggio.
Tra un inutile e fastidioso "
Angels of Love", un orrido "
Spellbound" ed un moscissimo "
World on Fire", il titolo e la copertina del penultimo "
Blue Lightning" mi aveva totalmente ingannato a partire da titolo e copertina ed invece non eravamo altro che di fronte ad un altro disco di cover dedito al suo amore per il blues che mi ha talmente colpito che non ho trovato nemmeno la forza di recensirlo su queste pagine.
A due anni di distanza esce questo "
Parabellum", per la precisione a fine luglio, che mi accingo a descrivervi solo un mese dopo, a fine estate, nonostante sia nelle mie mani da inizio giugno... decisamente non un inizio incoraggiante. E, tanto per essere chiari, non è un bel disco.
Ribadisco, non è un bel disco.
Ma è
NETTAMENTE migliore di tutto quello che è uscito da "Relentless" in poi.
Iniziamo dal fatto che, finalmente, torna ad essere un disco METAL e questo è già qualcosa.
Ora, al netto di tutti commenti idolatranti che trovate su Youtube in cui gente folle e completamente fuori di senno loda questi brani tirando in ballo i capolavori ottantiani o i tempi di "
Fire & Ice" o "
The Seventh Sign" - eresie che meriterebbero il ritorno della Santa Inquisizione - c'è da dire che almeno la prima metà del disco avrebbe potuto essere qualcosa di veramente molto interessante se Yngwie avesse la dignità di mettere il proprio ego dopo la propria musica.
Oltre al fatto che un cantante come
Soto avrebbe a dir poco fatto decollare e valorizzato ogni canzone di "Parabellum", la produzione (intendendo non solo il sound, ma anche gli attacchi completamente sbagliati, i tagli non sincronizzati ed altre sviste del genere) sviliscono quello che avrebbe potuto essere davvero un buon disco.
Intendiamoci, io Yngwie lo amo.
Gli sono debitore per tutti i capolavori composti, che hanno rappresentato la colonna sonora della mia vita e che ancora ne compongono una parte imprescindibile, e quindi gli perdonerò ogni vaccata deciderà di comporre di qui alla fine della mia vita.
Sono solo rammaricato di non poter ascoltare qualcosa di VERAMENTE valido solo grazie alle sue scellerate decisioni (leggi, della moglie) perchè affidando questo "Parabellum" ad un vero produttore, con un vero team, una squadra, una band, qualcuno che lo sproni, che lo spinga a dare il meglio e che valorizzi la musica che è ancora in grado di creare, ne sarebbe uscito qualcosa di realmente valido e competitivo.
In questo modo si da' solo il contentino alla pletora di sudditi che plaudirebbe a qualsiasi cosa incida il buon Yngwie che, a dire la verità, in questi anni ha un po' migliorato il proprio cantato ma che NON è un cantante, cosa ancor più evidente in un disco di heavy metal a differenza delle proprie escursioni in territorio rock blues dove, de gustibus, qualcuno potrebbe apprezzare quel timbro nasale che così tanto lo caratterizza.
Occasione perduta ahimè ma al netto dei tanti errori (a volte davvero incredibili...e davanti ai quali dovrete avere il fegato di chiudere non un occhio ma entrambi) si ha il piacere di riascoltare un Malmsteen abbastanza ispirato ed alle prese nuovamente con quell'heavy metal neoclassico che ha praticamente fondato nel 1984 con "Rising Force".
Io, con tutto l'amore odio che provo per lui, faccio parte di questa schiera e seppur con un lucido distacco ammetto di apprezzare moderatamente "Parabellum", un disco praticamente incompiuto ed azzoppato che non avremo mai modo di ascoltare in maniera "completa".
Per tutti gli altri che invece non riusciranno (comprensibilmente) a passare sopra a tutti gli svarioni a cui Malmsteen ci ha abituato negli ultimi anni, "Parabellum" rappresenterà unicamente l'ennesimo disastro targato Yngwie a fine carriera.