Formatisi nel 2012, i finnici
Hautakammio rilasciano due album tra il 2013 e il 2014 per poi scomparire nell'oblio.
Fino ad oggi.
"Pimeyden Kosketus" esce per la sempre valida
Purity Through Fire e ci consegna un gruppo che suona, vive e respira Black Metal nella sua accezione più "pura" e, per essere precisi, più devota possibile alla scuola del paese d'origine del gruppo.
Riffing semplice ed
ispiratissimo, voce strillata perfettamente in linea con la parte strumentale, sezione ritmica poco articolata ma dannatamente efficace, una sottile vena melodica dal sapore battagliero e nessuna concessione alla "modernità" sono le armi degli
Hautakammio i quali, in barba a qualsivoglia moda, picchiano duro, ci portano il gelo del Nord, qui e la si concedono richiami alla tradizione svedese (soprattutto per l'uso delle chitarre) e confezionano, cosa più importante di tutte, un album malevolo, senza fronzoli, oscuro,
epico come da manuale del genere e, intelligentemente, smorzato da brevi rallentamenti marziali che esaltano i momenti più caotici e vorticosi.
Originalità?
Ovviamente inesistente, ma la qualità dei cinque brani, per mezz'ora di musica, è indiscutibile, tanto è vero che alla fine di
"Pimeyden Kosketus" si è tentati di premere di nuovo il tasto play per farsi lacerare dal suo suono nitido, sferzante, primitivo, affascinante nei suoi maligni intrecci armonici, e senza tempo... esattamente come ogni disco nero dovrebbe sempre essere e suonare.
Di dischi del genere, al netto del discorso sulla originalità fatto più in alto, occorre fare tesoro poichè non è affatto scontato riuscire ad essere convincenti come invece riescono, in maniera apparentemente molto semplice, gli
Hautakammio ai quali va, dunque, il mio plauso con la speranza che il gruppo riesca a raccogliere un minimo di visibilità in una scena sempre più satura ed asfittica.
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