Seguendo la scia lasciata dai vari gruppi Pop Metal, dei quali gli Amaranthe si sono eretti come capi tribù assoluti in questi ultimi anni, il 2021 vede il ritorno degli statunitensi
Edge Of Paradise, con il loro quinto lavoro
"The Unknown". Ho sempre nutrito forti dubbi nel catalogare questa musica come metal, non tanto per fare il purista di turno, ma perché tutta la grande pomposità e apparente sfarzo nelle composizioni, nascosta dietro delle chitarre sommerse da fastidiosissime tastierine, crolla come un castello di sabbia a chiunque vi si avvicini con un minimo di razionalità e senso critico.
Citavo gli Amaranthe poco più su, ecco gli
Edge Of Paradise sono esattamente la stessa identica cosa, senza il maschio rude a cantare in growl (?) per illudere l'ascoltatore di sentire musica pesante. Facciamo un gioco però, caliamoci un attimo in quest'apparenza che gli
Edge Of Paradise vogliono farci tanto cadere.
La musica di
"The Unknown" si basa su riff pesanti, ma con melodie sempre azzeccate, la bellissima voce di
Margarita Monet, della quale vogliamo evidenziare i bellissimi outfit e il trucco usato nei vari video promozionali, e un concept sci-fi assolutamente originale e non scontato. Bene, ora non ditemi però che ci ho provato.
"The Unknown" è un disco che si basa sul nulla assoluto, di pezzi fatti con lo stampino, come fra
"False Idols" e la successiva
"You Touch, You Die". Un semplice mid tempo contornato da tastiere, che poi esplode nello stesso dannato, identico ritornello. Le stesse linee vocali. Gli stessi riff. Ogni tanto la band si ricorda di mettere una linea di chitarra leggermente più heavy, nelle parti centrali di
"My Method, Your Madness" o
"Leaving Earth", ma questo non risolve il problema centrale del disco, un sound piatto e privo di potenza, di carisma, di tutto. Impossibile, direte, con una voce come quella di
Margarita Monet non esserci una ballad, ed ecco arrivare puntuale come le tasse la Titletrack. Arriva, e, neanche ci si accorge di averla sentita, essendo basata sui soliti stereotipi delle power ballad di serie C.
C'è veramente poco da dire su
"The Unknown". Ci si lamenta sempre più negli ultimi anni di quello che viene chiamato
plastic music. Questo disco ha in sè tutte le caratteristiche di questo genere, e quindi mi viene di dare un consiglio, semplice ma immediato, a tutti coloro che vogliano approcciarsi ad ascoltarlo. Non fatelo, rivolgete la vostra attenzione ad altro.