Lugubri figure incappucciate hanno appena condotto a termine un rito occulto in un camposanto abbandonato, al termine di una gelida notte priva di stelle.
Colonna sonora della tetra invocazione: “
Pandimensional Gnosis”, nuovo
full length dei
Moon.
Alle prime luci dell’alba, i misteriosi individui inforcano le biciclette ed imboccano il sentiero che li condurrà alle rispettive abitazioni.
Il tragitto è dapprima contraddistinto da un assorto silenzio; poi, tutto d’un tratto,
Mario si rivolge a
Gianni.
Questo il contenuto del dialogo:
M.: “Che ne dici? Ti è piaciuto?”
G.: “Cosa, il rito? Direi abbastanza, anche se ogni volta mi aspetto un qualche segnale da parte delle Entità Innominate… non so, un rumore sinistro, una voce ultraterrena che proviene dalla tenebre, e invece…”
M.: “No, non parlavo del rito, ma del quarto album dei
Moon!”
G.: “Ah ok, avevo frainteso. Beh, mi è sembrato ottimo.
Miasmyr non sbaglia un colpo.”
M.: “Già, anch’io l’ho trovato bello, però… non ti è parso che mancasse qualcosa?”
G.: “A cosa ti riferisci?”
M.: “Al fatto che “
Pandimensional Gnosis” riproponga in modo pedissequo la medesima miscela che contraddistingueva i capitoli precedenti. Il che mi avrebbe anche garbato, non fosse che mi è parsa una copia un pelo sbiadita: l’ispirazione compositiva, a questo giro, forse latitava un po’.”
G.: “Dici? Eppure pezzi come l’iniziale “
Shadow of the Endless Abyss” o “
Hollow Transcendence” mettono in mostra le migliori qualità della
one man band”.
M.: “Vero, però a fare da contraltare ci sono, ad esempio, “
Wormhole Wounds” e “
Upon the Eye of the Void”, episodi senza particolari spunti che si trascinano piuttosto stancamente. Oppure “
Portal Through the Black Flame” ed “
Absorbing the Pandimensional Gnosis”, interludi strumentali insipidi e privi di spessore”.
G.: “Questa posso concedertela, però dovrai convenire con me su un punto: in pochi sanno trattare la materia come i
Moon. La produzione sozza, lo
screaming sepolcrale infossato nel
mix, le melodie macabre, il
feeling arcano intriso di misticismo, l’immensa capacità evocativa… Insomma, tutto quello che cerchiamo dal
black atmosferico!”
M.: “Infatti non sto sostenendo che “
Pandimensional Gnosis” sia un brutto lavoro, anzi! Sto semplicemente affermando che, a mio parere, non entusiasma come, tanto per fare un esempio, “
Nine Gates”.”
G: “Ci può stare… Allora facciamo così: durante il prossimo rito mettiamo su entrambi i dischi, uno dopo l’altro, così li confrontiamo. E chissà che non sia la volta buona: magari una piccola apparizione spiritica, un segnale dall’oltretomba…”
M.: “Boh, in tutta onestà sto iniziando a perdere le speranze... Comunque proviamoci! Facciamo mercoledì prossimo? Solito cimitero, solita ora?”
G.: “No no, mercoledì c’è la
Champions; facciamo giovedì.”
M.: “Hai ragione, giovedì sia. Bene dai, io sono arrivato a casa; buona giornata!”
G.: “A te.”
[I nomi utilizzati sono di fantasia per tutelare la privacy e l’identità dei partecipanti. Ogni riferimento a persone o fatti realmente avvenuti è puramente casuale. Il recensore, con riguardo all’ultima fatica dei Moon, aderisce all’orientamento espresso dal soggetto fittiziamente denominato Mario.]