Duo con base a Copenhagen formato da un britannico (
Matthew Pither, voce, chitarra e basso) e da un danese (
Thomas Ramkilde, batteria), i
Rift Giant generano un sound molto vicino a quello degli High on Fire. Vicino è un eufemismo, perchè a tratti sembra davvero di sentire il tiro ultra-heavy della band di "Luminiferous", con la voce urticante di
Pither quasi identica a quella di Matt Pike.
Indubbiamente la coppia pesta in maniera massiccia e competente, anche se il retrogusto derivativo alimenta l'intero lavoro. Brani monolitici come "
Into the rift" o "
Hubris" propongono uno sludge-metal feroce ed implacabile, con ulteriori echi Mastodoniani, dall'altissimo livello di stordimento epidermico. Una fornace metallica angosciante e spaventosa, fatta di riff mortiferi e spietati coniugati con ritmiche telluriche. Roba spezzacollo, distruttiva e rabbiosa all'inverosimile. Però abbastanza clonata, ad essere sinceri.
Va comunque sottolineato che la band riesce a tratti a sganciarsi dai suoi riferimenti stilistici, adottando soluzioni più elaborate. Ad esempio percorsi estesi come "
Queen witch" o "
Rift giant" vantano una dinamicità ritmica ed una freschezza di idee senz'altro lodevole. Troviamo scampoli di classic metal intrecciati a passaggi cupi e sludgy, molto ben eseguiti anche a livello tecnico.
Per chi invece ama la pesantezza senza compromessi ma con grande sfoggio di riff e muscoli iper-sviluppati, ci sono bordate corazzate come "
Slaves, she made us" o la cavalcata iconoclasta "
To three". Pezzi terremotanti votati alla visione di un heavy serrato e annichilente.
Un buon disco, che però paga ancora la devozione a precisi punti di riferimento. L'ottima tecnica strumentale dei
Rift Giant potrà fornire risultati ancora superiori, quando aumenterà la componente creativa personale.
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